PISTOIA. Non sappiamo cosa leghi, qualora ci fossero anelli, contaminazioni e condivisioni, Sara Bargiacchi ad Alice Corbetta e, a loro volta, con Martina Fontana. Poco, forse, almeno confidando nell’aspetto, perché sembrano provenire, nei profili, nell’abbigliamento e dunque nel background, da tre isole differenti e lontane tra loro. Claudio Giorgetti invece, curatore della collettiva VIVA!: Abstracta vitae (che può essere letta anche VIVA, intesa come incitamento, oppore VI VA: fatevi venir voglia e andateci), di punti di contatto tra le espressioni artistiche delle tre espositrici ne ha viste un sacco; o meglio, una certamente e che è la doverosa opportunità di rimpadronirsi della loro e della nostra vita attraverso il (ri)utilizzo del più elementare e per questo, spesso, non debitamente contemplato, elemento: la materia organica, quella con la quale si compone la nostra esistenza e, per analogia, le nostre dimostrazioni pratiche. Per questo, nelle Sale Affrescate del Comune di Pistoia, in piazza del Duomo (fino al prossimo 20 ottobre, ingresso libero), hanno trovato albergo, o forse ospizio, chissà, nelle tre stanze distinte e separate della struttura, le loro offerte:

le foto e le videoinstallazioni di Sara Bargiacchi (Pistoia, 1984), la pittura e la scultura chimica di Alice Corbetta (Milano, 1964) e i quadri, riutilizzo naturale e cosmico della materia prima, di Martina Fontana (Prato, 1984). Per un’analisi dettagliata, tassonomica, pertinente, invasiva e invadente, viscerale, occorrerebbero almeno tre competenze specifiche separate che non possediamo (ma nemmeno prese una per una, in realtà); però anche noi che scriviamo abbiamo un’opportunità, una grande opportunità, che si associa agli intenti dell’esposizione e dunque esistenziali: mettere in contatto gli spettatori con gli artisti, invitando questi ultimi a visitare la mostra affinché godano delle emozioni ricevute e chiedano lumi ai mittenti per quelle che possono non essersi opportunamente scaturite. Che fatica, potreste obiettare. Vero, ma senza fatica non si costruisce nulla e senza lo sforzo di capire le fatiche altrui non esiste comunicazione e ognuno resta nella propria torre d’avorio, convinto che l’altro, che altro non è, se non una nostra differente ma parallela espressione. E la comunità si sgretola e l’individualismo, subdolo sistema correttivo di masse informi, corre in soccorso di ognuno di noi, facendoci solo credere di averci salvato, uno a uno. Non è così; anzi, è esattamente il contrario e perché le lusinghe e le tentazioni della pigrizia e della noia non si impadroniscano del nostro presappochismo, utile simultaneo giustificativo dell’ignoranza, intesa come incapacità di conoscere, dobbiamo reagire, confrontandoci. Sara, Alice e Martina ce ne offrono una delle innumerevoli possibilità che lambiscono le nostre vite in continuazione, occasione gratuita che vi consigliamo di sfruttare, ma non allungando le vostre giornate di quella mezz’ora utile e sufficiente per vedere la mostra, ma rinunciando, quando e se deciderete di farlo, a qualcosa che dovreste fare solo per convenienza. Spogliatevi del superfluo, del quale siete padroni assoluti e immergetevi in questa provocazione, che potrebbe cogliervi impreparati: forse resterete insensibili e probabilmente capirete poco o nulla, convincendovi che si tratti di qualcosa che non serve affatto alla vostra sopravvivenza. Però andateci, perché dopo, credeteci, starete meglio.

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