di Veronica Mondini
SAN CATALDO DI BORGO VIRGILIO (MN). Che dire. Fin dal primo giorno in cui al lavoro (sono una cassiera di un supermercato) facemmo un briefing mattutino prima dell’apertura delle serrande, capii che saremmo entrati in un periodo difficile! Ed era ancora il periodo: è poco più di un’influenza; colpisce chi ha patologie pregresse; basta lavarsi le mani ed è una cosa colpisce gli anziani”. Sono grata alla mia azienda che fin da febbraio ci ha procurato mascherine, mascherine che aiutano ad impedire diffusione del virus, mascherine che però non ti proteggono dalla gente che ti schernisce perché la indossi o che ti guarda torva come per dire: chissà, sarà malata?!? Ora, ovviamente, a distanza di poco più di un mese, le cose, come tutti sappiamo, sono cambiate; nessuno osa più dubitare della tua salute, né a nessuno viene da ridere, per quel travestimento, perché bene o male, quasi tutti, viviamo questo carnevale fuori stagione, ma nonostante tutto, il rispetto per noi cassieri alcuni non lo hanno proprio: si ha il terrore che qualsiasi cliente possa essere l’untore di turno, quello che non avevi messo in preventivo e psicologicamente, tutto questo, è massacrante.
Ho sempre timore, pur rispettando distanza di cortesia, lavandomi spesso mani, usando qualsiasi mezzo di protezione, di essere contagiata e diventarlo per mia madre, con la quale convivo. Facile, immaginare, come le conversazioni siano tutte farcite da come stai? hai la febbre? Io, per un certo senso, continuo la vita di sempre, perché uscendo per andare al lavoro è pura quotidianità; sono solo cambiate le regole basilari, quelle che prima non venivano nemmeno contemplate: no assembramenti, no caffè alla macchinetta (infatti vado avanti a pocket coffee). Qualche risata riusciamo ancora a farla ancora, ci mancherebbe; anzi, dobbiamo, soprattutto per rendere tutto meno cupo, anche se ridendo, a volte, si ha come l’impressione di togliere qualcosa a chi sta soffrendo. E nonostante il nervosismo abbia preso il sopravvento su ognuno di noi, almeno il mio gruppo sul posto di lavoro è più coeso del solito; ci aiutiamo anche nelle commissioni che con le restrizioni governative e gli orari lavorativi a volte non si riuscirebbe a portare a buon fine. Un pensiero particolare, speciale, al mio compagno, che amo alla follia. Mi sento come Giulietta separata dal suo Romeo e non da un cognome avverso, ma da una malia che non si vede ma che è subdola, pericolosa, maledetta. Ormai tutto è al futuro: faremo, andremo, quando poi l’unico grande inconsolabile desiderio è solo abbracciarlo. Certo, ci sono le telefonate, i messaggi, le videochiamate, ma non credo sia utile che vi spieghi come tutto questo non possa certo essere la stessa cosa. L’importante è che lui stia bene: tutto il resto, per ora, sono solo dettagli. Non vedo l’ora di potermi rimettere il rossetto; ora ci rinuncio, perché la mascherina, a fine giornata, avrebbe tutta l’aria di una Sacra Sindone impiastricciata. Non vedo l’ora di tornare a visitare, con la mia inseparabile amica Daniela, i luoghi abbandonati della nostra bella Italia; in attesa che l’incubo finisca, spesso, cerchiamo e mappiamo nuovi luoghi, con la certezza che appena possibile, li andremo a vedere. Non vedo l’ora di tornare a passeggiare nei corridoi dei musei e dei palazzi storici, non vedo l’ora che… inizia la tregua e torni il sereno. Passerà, certo, ma a che prezzo? E dopo, noi, tutti, come saremo? Troveranno i colpevoli di questa tragedia? Esistono dei colpevoli? Siamo già cambiati, tutti e inconsapevolmente, forse, non ce ne siamo ancora resi conto. Io so solo che desidero un abbraccio dal mio amore: con il rossetto sulle labbra.