di Simona Priami
FIRENZE. Negli spazi rinascimentali di Palazzo Strozzi (fino al 30 Gennaio 2022) è allestita la mostra del ribelle, controverso, ma indubbiamente geniale e soprattutto furbo e ricchissimo, Jeff Koons, artista statunitense famoso per il suo stile kitsch, neopop e la sua ironia dissacratoria; una mostra divertente, brillante, elegante, ma anche provocatoria. Nel simmetrico cortile, il visitatore entra subito in contatto visivo con Balloon Monkey, enorme scultura sinuosa e riflettente dal colore quasi innaturale con sfumature dal turchese al blu elettrico; il titolo ricorda ai visitatori che si tratta di un palloncino a forma di scimmia, il palloncino sarà protagonista di altre opere del celebre artista americano, i gonfiabili sono antropomorfi, il colore e la luce danno profondità alle opere; posta simmetricamente al centro, la scultura si presenta mastodontica e in un netto contrasto visivo con la struttura esterna, ma si tratta di un contrasto di stili che suscita immediata attrazione. Sarà proprio la luce, anzi, la lucentezza, come ricorda il titolo, il filo conduttore di tutta questa avvolgente mostra che propone diverse e numerose opere di Koons, provenienti dalle più importanti collezioni e musei del mondo. Entrando nelle sale espositive lo spettatore viene completamente assorbito dalle figure e dalle sculture con superficie esterna lucida e brillante e aziona un rapporto simbiotico con l’opera. L’arte, come dice lo stesso Koons, avviene nella relazione con lo spettatore, nella sua mente; noi abbiamo bisogno della luce come le piante e gli animali e l’energia vitale viene celebrata.
Lo specchio, simbolo magico per eccellenza fin dall’antichità, come le superfici riflettenti delle opere, aiutano in questo meccanismo di osmosi. Un’arte coinvolgente, inebriante e molto raffinata che usa come materiale principalmente l’acciaio inossidabile, materiale duro che rappresenta il proletariato, ma anche la forza interiore. Una mostra di grande impatto visivo che vede alternarsi opere enormi coloratissime, come Ballon Doog, il rosso cane palloncino, simbolo di una festa di compleanno, la nostra società che si ritrova, acciaio inossidabile lucidato a specchio; la Metallic Venus posa plastica, colore turchese quasi innaturale, ma molto riflettente, qui sottili fili di luce sembrano rincorrersi nel corpo sinuoso della divinità, o la mastodontica, imponente, stupenda figura femminile, Ballon Venus Lespugue, posta in equilibrio non reale, enorme, ma delicata e attraente; a opere più piccole non colorate, sempre in acciaio riflettente come i troll, inquietanti e ironici allo stesso tempo o il famoso Rabbit lucidissimo e robotico coniglio senza volto. Colorato è invece il piccolo Elephant, che sembra giocoso, ma nasconde e suscita una sensazione non rassicurante, oltre che di superficialità. Sicuramente rimane impresso lo sguardo triste della stupenda Seated Ballerina, un oggetto quotidiano, un soprammobile che laccato e brillante diventa magico, simbolico, ipnotico e magnetico. L’esterno brilla, ha colori sgargianti, luccica, attrae, appare, sembra felice, ma l’interno è vuoto, non lavorato, forse grigio; con questo estremo brillare esterno viene messa in evidenza la superficialità dei tempi moderni e del consumismo; lo specchio riflette la nostra immagine, l’esteriorità, l’apparire, ma dentro c’è il vuoto, il nulla, l’insicurezza. Una mostra ricca, perfettamente organizzata e illuminata, molti i riferimenti all’arte classica e a quella primitiva, presente anche il fascino di un mondo arcaico e primordiale, attraente, avvolgente, ma pericoloso. Presenti numerose rappresentazioni di animali e elementi naturali, anche di oggetti quotidiani, di uso comune, rivisitati in chiave moderna. Riferimenti evidenti al suo grande maestro, Marcel Duchamp, alla pop art, concettuale, postmoderno, alle forme futuriste e un chiaro omaggio ai baffi dell’ironico surrealista, visionario, Salvador Dalì.