di Simona Priami
PISA. Siamo nel 1987. Un giovane, che studia a Pisa, amante dell’arte, in modo particolare della Pop Art, si trova con il padre a New York, il primo incontro di un ragazzo della provincia pisana, con il fascino della Grande Mela; per strada vede un suo idolo, in jeans e scarpe bianche, riconosce il maestro Keith Haring. Il ragazzo è spigliato, sveglio e deciso, si avvicina e gli parla, il maestro lo ascolta, il ragazzo gli propone di fare un’opera permanente a Pisa: hai fatto grandi cose in giro per il mondo, ma in Italia della tua arte c’è poco. Kith Haring è attratto dall’Italia, come tutti i grandi artisti del mondo. Invita il ragazzo nel suo studio il giorno dopo, la proposta gli piace. Successivamente e, grazie a questo incontro, lo Street Artist, icona pop, dichiaratamente gay, realizzerà un murales a Pisa, dietro la chiesa di Sant’Antonio, su una parete del convento: il titolo è Tuttomondo, opera di forte impatto visivo, in contrasto con lo stile della città toscana, ma un contrasto di stili armonioso, attraente e coinvolgente che conferma il genio dell’autore. Partendo da questo incontro, proficuo, ma anche emozionale, fino al 17 Aprile 2022 il Palazzo Blu a Pisa omaggia Keith Haring, con un percorso formativo, cronologico e perfettamente strutturato che va dalle prime opere fino alla produzione degli anni ‘80; centosettanta capolavori che provengono dal Giappone.
Le tecniche usate sono varie: dalla pittura, scultura ai graffiti o grandi opere su tela come Untitled del 1985; le famose immagini dai colori fluorescenti parlano e comunicano in modo immediato, come i famosi omini colorati che sono ormai nel nostro immaginario, forse anticipatori delle nostre emoji. Lo spettatore rimane incantato davanti ad una forma di comunicazione con immagini universali, come il linguaggio dell’arte. Haring amava viaggiare, attivista e generoso, difensore dei diritti dei più umili, disegnava su tutto e dappertutto, nelle metropolitane, sulle magliette dei bambini, sui motorini, su oggetti quotidiani; la sua filosofia è popular art, arte per tutti, nessun privilegio. I suoi colori sono il giallo, il verde, il blu e il rosso, delimitati da una spessa linea bianca o nera, i suoi messaggi sono netti e decisi. Il percorso propone lavori di grandissimo livello, lo spettatore viene come risucchiato dai colori del grande artista ribelle, dissacratorio, provocatorio, ma anche delicatamente ironico; di particolare effetto percettivo sono le iniziali opere giocose sulla fertilità, vista come una danza primitiva; interessante lo spazio per i bambini, con opere blu e rosse delimitate da linea decisa nera, su sfondo bianco. La mostra propone i numerosi Poster e Manifesti, che mostrano l’impegno dell’artista contro la violenza, le discriminazioni, il razzismo, l’apartheid, il nucleare. Nella sala sette sono proposte le fascinose opere ispirate all’arte azteca, africana, afroamericana, un’energia primordiale, magica, non occidentale, ispira queste creazioni ricche di spunti simbolici e misteriosi. La sala otto invece è dedicata alla serie dell’Apocalypse, opere realizzate dopo che era stato diagnosticato all’artista l’Hiv; il terrore, l’incubo, le atmosfere surreali, le immagini cruente, i colori aggressivi, comunicano in maniera immediata la sofferenza del giovanissimo Haring che morirà nel 1990 per conseguenze legate a questa terribile malattia. Non mancano, nell’immaginario dello Street Artist, oggetti vari, vinili, piramidi, dischi volanti, animali come cani e serpenti, tutti simboli degli infiniti messaggi del mondo di questo grandissimo artista; tutto ben visibile in questa grande esposizione di Palazzo Blu. Complimenti alla perfetta organizzazione e disposizione di questo coinvolgente percorso che sta riscuotendo grandissimo successo di pubblico e critica, le opere perfettamente disposte e illuminate permettono una totale immersione in un universo poliedrico colorato e ricco di sentimenti, dalla gioia della vita, alla paura della morte.