di Simona Priami

VIAREGGIO (LU). Due meravigliose sculture, imponenti e mastodontiche, sono state poste a Viareggio, sulla spiaggia, in contatto diretto con la sabbia, all’altezza di piazza Mazzini, davanti al Belvedere delle Maschere; si tratta dell’esposizione Il Tempo degli Dei, due opere dell’artista polacco, Igor Mitoraj, molto legato alla Versilia, deceduto nel 2014. Venendo dalla passeggiata, l’emozione è veramente forte, la mostra a cielo aperto propone le due bronzee e imponenti statue dalle proporzioni perfette, armoniose e misteriose, antiche e moderne nello stesso momento, delicate ma titaniche, leggermente melanconiche anche per la cangiante sfumatura blu.Con lo sfondo del mare capace di regalare giochi di luce e colori che cambiano ad ogni ora del giorno, le due opere attirano l’attenzione dei passanti per la loro colossale presenza, ma suscitano anche il senso dell’indecifrabile, come se volessero regalare segreti ancestrali, messaggi antichi ed ermetici; per la precisione si chiamano Ikaro Blu e Ikaria Grande, un maschio e una femmina, anche se entrambe presentano caratteristiche androginiche, come spesso succedeva nell’arte ellenistica.

Sappiamo tutti la storia di Dedalo e Icaro: quest’ultimo tenta di uscire dal labirinto, grazie alle ali create dal padre e attaccate al suo corpo con la cera; nonostante le raccomandazioni di non avvicinarsi al sole, Icaro, giovane e bellissimo, si fa prendere dall’ebbrezza del volo e dal desiderio di scoperta e preda del giovanile entusiasmo, osa sfidare la natura. Icaro si avvicina alla sfera infuocata che scioglie la cera, così cade e muore. Mitoraj lo rappresenta sdraiato, lineamenti perfetti, bellissimo ma sofferente, occhi dolcemente chiusi. Ikaria invece è in piedi, trattenuta da una mano misteriosa e angosciante che spunta dalla sabbia, la presa è forte e sembra che voglia proibirle il volo, come se la creatura fosse incatenata. Per la posa, l’opera ricorda la Nike di Samotracia; non ha testa, ma incastonato nel ventre, c’è un volto sofferente. Un altro volto più lussureggiante, forse Bacco, al posto del sesso. Ikaria non sembra far parte della mitologia classica; forse un riferimento all’omonima isola greca, la creazione bronzea infatti è invenzione dell’artista, fa parte di quel mondo di dei ed eroi che appartengono all’immaginario di Mitoraj, un fantastico Pantheon moderno, costellato di immagini antiche rivisitate in chiave moderna, archetipi che appartengono all’inconscio collettivo. È proprio questa la magia dell’artista polacco: fondere passato e presente, calando le opere in un’atmosfera metafisica, con grande eleganza e naturalezza. Le figure sono perfette esteticamente, il riferimento al mito classico è evidente, ma l’enigmaticità, il mistero, il non detto, le domande alle quali non abbiamo risposte, rimangono senza tempo. Lo spettatore entra in contatto visivo, in perfetta simbiosi con i due capolavori, avvolto da una sensazione di silenzio atemporale, contempla e percepisce un’atmosfera che porta a riflettere sui grandi misteri della vita, sullo scorrere del tempo, sulla divinità, sul coraggio di sfidare la natura e di entrare in relazione con le sue leggi; bellezza, armonia, sessualità. Mitoraj ricorda che la scultura non finisce mai, se è finita è la fine della creazione, come il viaggio di Ulisse verso Itaca e come tutti i viaggi, quello che alimenta la mente è il durante, non l’arrivo. Le opere resteranno in vista fino al prossimo 16 gennaio.

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