di Simona Priami
FORTE DEI MARMI (LU). La mostra al Fortino Leopoldo I di Forte dei Marmi, in collaborazione col Museo Egizio di Torino espone ventiquattro rari reperti visibili fino al 2 febbraio 2025; si tratta di vasi, stele, maschere, amuleti, papiri, cronologicamente disposti al fine di mostrare una società in continua evoluzione e cambiamento, dall’epoca predinastica (3500 – 3300 a. C.) al periodo ellenistico romano (II sec. a.C. - I sec. d.C.). La mostra mette in evidenza l’importanza del Nilo per la società egizia che fin dai tempi antichissimi aveva imparato a sfruttare le piene del fiume che ogni anno esondava lasciando il terreno fertile grazie al famoso limo. Dalla produttiva terra nera, concimata dal fiume, nacquero i principali villaggi che poi divennero le splendide città; lo stesso storico Erodoto definì l’Egitto dono del Nilo. I reperti mettono in mostra anche il culto dei morti che ha reso celebre questa società nello spazio e nel tempo, per la maggior parte infatti i pezzi della mostra sono ritrovamenti o accessori delle tombe. La Giara con decorazioni figurative in terracotta, ceramica decorata appartenente all’epoca predinastica, mostra come già prima dell’unificazione politica dello stato e dell’introduzione della scrittura, l’artigianato fosse vivo e fiorente. Si tratta di un vaso realizzato a mano; sono visibili due barche con lunghi remi come testimonianza dell’importanza del fiume e della navigazione. Il Nilo infatti era navigabile per la maggior parte del suo lungo tratto e sfociava con un delta allora ben più ampio di oggi che misura duecentocinquanta chilometri. Tra il 1911 e il 1913 viene ritrovato il Modellino di imbarcazione con marinai, risalente al primo periodo intermedio (2161 – 1990 a. C.): sono presenti sei personaggi, cinque rematori e un timoniere o lo stesso defunto, rivolto nella direzione della navigazione. Questi modellini infatti venivano posti nella camera mortuaria e rappresentano il viaggio del defunto verso i luoghi di culto. Il Modellino di attività artigianale in legno e finemente decorato (1939 – 1875 a. C.) fa parte dell’arredo funerario. Si tratta di un equipaggiamento per l’aldilà; la tomba infatti è un piccolo mondo che doveva garantire la continuazione della vita dopo la morte; qui vediamo sette figure, quattro uomini e tre donne, che stanno lavorando per produrre birra e pane. Gli Ushabti erano figurine funerarie in legno o pietra, venivano deposte nella camera mortuaria, dovevano sostituire il defunto nello svolgimento dei lavori pesanti. Qui abbiamo Ushabti di Urny (1353 – 1279 a. C.), di grande effetto visivo, la figura femminile mummiforme lignea, impugna gli attrezzi agricoli. Su di essa è iscritta la formula 6 del Libro dei Morti che il defunto doveva recitare per attivare l’Ushabti; ricordiamo che il Libro dei Morti è caratterizzato da numerose formule sacre utili a presentare il defunto degnamente al cospetto di Osiride. Di eleganza e raffinatezza unica sono i Quattro vasi canopi di Ptahhotep, in alabastro; la possibilità di una vita dopo la morte dipendeva dalla conservazione del morto in condizioni di integrità, da qui lo sviluppo della sofisticata tecnica della mummificazione, favorita anche dal clima secco e asciutto dell’Egitto. Gli organi interni estratti con l’aiuto di pietra etiopica dall’addome e con un ferro ricurvo dal naso per il cervello, puliti con aromi, venivano inseriti separatamente nei vasi canopi, collocati nella camera sepolcrale, vicino alla mummia. I quattro vasi hanno coperchi rispettivamente di forma umana, falco, babbuino, sciacallo, la provenienza forse è Melfi. Nel Bronzetto della dea Iside lactans (664 – 332 a. C.), la famosa divinità è seduta su un trono, è riconoscibile per il suo copricapo a forma di avvoltoio su parrucca sormontata da corona di urei e di corna di vacca che abbracciano un disco solare; Iside stava allattando il figlio Horus, che era posto sulle ginocchia, adesso andato perduto, lei rappresenta la madre protettrice del futuro re. La mostra termina con la Maschera funeraria in cartonnage (II a. C. - I d. C); le maschere in cartonnage risalgono al periodo Intermedio e arrivano fino al VII sec. d. C.; sono coperture di mummia realizzate in tessuto o fogli di papiro, finemente dipinte. Riproducono un’immagine idealizzata del volto del defunto, sono elementi importanti di protezione magica, spesso decorate con formule religiose. Qui il volto è bianco, ma spiccano dettagli in rosso e occhi neri, una parrucca ricopre testa e spalle, sulla testa c’è uno scarabeo alato con disco solare tra le zampe, simbolo di rinascita. Lo spettatore alla fine del percorso può approfondire gli argomenti trattati attraverso video e ricostruzioni multimediali di grande effetto visivo e uditivo delle complesse tecniche della realizzazione dei sarcofagi, concludendo così una totale immersione del misterioso e magico mondo degli Egizi, dove ancora tantissimi sono i reperti da studiare, scoprire e approfondire. Interessantissima anche l’audio guida con la spiegazione del famoso scrittore fortemarmino Fabio Genovesi.