Antonio Calabrò non c'è più. E' morto alcune settimane fa. Il suo progetto, anzi, i suoi progetti, però, continuano a vivere. Quelli partoriti dalla sua volontà e messi in pratica con la complicità della moglie Elisabetta e di altri volontari affascinati dal suo faticosissimo disegno: regalare a tutti, indistintamente, il diritto alla salute. E alla dignità.
Per questo, nel 2002, l'angiologo del Fatebenefratelli, Antonio Calabrò, istituisce, grazie alla fattiva collaborazione dell'allora Presidente del decimo municipio di Roma, Sandro Medici, un pronto soccorso per tutti quelli dimenticati o scartati dalla società: La follia di Giovanni. In questo piccolo e fastidioso container, Antonio e altri volontari, sanitari e semplici cittadini, si adoperano per garantire l'assistenza sanitaria minima e indispensabile ai vari sans papier, ai poveri all'ultimo stadio, ai rom e ai disperati dell'ultim'ora risucchiati dal vortice.
Ma non solo, perché sempre in quel piccolo concentrato di lamiera e solidarietà, nel 2008, Antonio e i suoi più fedeli volontari riescono a mettere in piedi anche un altro progetto gratuito: un corso di italiano per stranieri. Da alcune settimane poi, sempre lì, davanti all'oratorio di Don Bosco, accanto al container che sta riprendendo i servizi a pieni ritmi e regime, è sorta una tenda. A metterla su un'altra comunità, quella di Cinecittà bene comune: dal giovedì alla domenica, alle 13, tutti quelli alle prese con difficoltà, trovano un piatto caldo per rifocillarsi e indumenti per resistere al freddo.
In questi tredici anni di solidarietà, di cose che meritano un ricordo specifico e una pausa di riflessione ce ne sono tantissime. Abbiamo deciso di riportare alla memoria un solo aneddoto, quello della giovane ragazza rom in stato interessante. Antonio, non vedendola più al pronto soccorso di strada, un pomeriggio, decisamente preoccupato, decise di andarla a trovare nella baracca dove viveva: visita decisiva, perché la giovane madre fu immediatamente ricoverata al Fatebenefratelli, una tempestiva degenza che salvò lei e il piccolo che portava in grembo. Ai funerali di Antonio, celebrati da padre Alex Zanotelli, nella basilica di Don Bosco, a Cinecittà, non c'erano né carrozze, né elicotteri, ma tante persone; tra i parenti, gli amici, i colleghi e i semplici conoscenti, anche la giovane ragazza rom, accompagnata proprio da suo figlio.
La battaglia contro la povertà è appena iniziata. Per continuare a combatterla e pensare di poterla vincere, è necessario che quella Comunità cresca, si ingrandisca, faccia sempre più paura. Per questo occorre che uomini, donne, ragazzi e mezzi diano la loro fattiva disponibilità, perché la memoria di Antonio Calabrò, seppur così nobile, non può bastare.