Il fatto che per dire alcune verità sull'azienda dove lavoro coscienziosamente da più di venti anni mi debba avvalere dell'anonimato, la dice lunga. Suggerisce di certo che queste verità sono state occultate finché si è potuto. Ma anche, e soprattutto, che non se ne può più.
Lavoro in una banca che ha visto momenti migliori sotto tutti i punti di vista: della base patrimoniale, dei guadagni, del prestigio. Nonostante la mia permanenza e la mia resistenza in questa banca, non sono però in grado di spiegare il bruttume degli istituti di credito degli ultimi anni, né cosa sia da poco accaduto in Banca Etruria, CariFe, Banca Marche e CariChieti. L'analisi finanziaria la lascio agli esperti. Delego anche la ricerca delle responsabilità, ma a malincuore, poiché per quella che è la mia esperienza professionale, ho visto che difficilmente si accertano i responsabili, e quando lo si fa, ancor più di rado, pagano. Delego questa ricerca anche ad alcuni colleghi che, come risulta da confessioni delle ultimissime ore, hanno mentito che era stato loro imposto, poiché di fare il bastardo ci si può sempre rifiutare. Sempre. Nessuno ci può licenziare.
Ma posso dire invece come vive la rete, la base di cui faccio parte, questi vergognosi eventi. Innanzitutto quotidianamente ormai si fa un lavoro psicologico di rassicurazione della clientela che chiede a noi lumi su ciò che sente e legge. Grande risultato è diventato mantenere i propri clienti che spesso manifestano timori legittimi, ma infondati. Invece i risultati che continuano ad esserci richiesti sono uguali al passato, come se nulla fosse accaduto: si deve solo vendere e vendere il prodotto che di mese in mese va di moda. Fare credito, vendere i soldi, non è più la priorità. Anzi.
Quando ho iniziato questo lavoro esisteva un modello: si chiamava modello cliente e voleva dire operare in modo da soddisfare il cittadino, che era il perno della nostra attività. Bello no? Tempi fantastici. C'era anche un manuale, anzi c'è ancora, e mi scappa da ridere, sull'etica della nostra professione. Etica? Difficile averne una quando non c'è alcuna trasparenza, quando sulle manovre dei vertici su cui non si saprà mai nulla di certo, come per Ustica, tanto per fare un esempio, o l'11 settembre, quello più vicino.
Si lavora sotto una pressione continua, in un'atmosfera di terrorismo che se non fai questo tieni presente che l'Italia è lunga e se non fai quest'altro il grado te lo scordi. E alla fine appioppi qualcosa alla persona sbagliata: può succedere, è successo. Poi quando il risultato ti torna indietro come un boomerang, ti vengono le ventose alle dita e cerchi di arrampicarti sugli specchi, e sfogli frenetico il prontuario delle giustificazioni. In queste sartorie che sono diventate le filiali dove da anni si mettono le toppe ai danni dei dirigenti, in qualche caso il cliente gabbato comprende. Ma in altri, le filiali sono state imbrattate di offese e oscenità: davanti alla porta della filiale di un’amena località marittima è stata scaricata una camionata di cacca. Sì, cacca. La foto è girata in rete e ci abbiamo riso tutti. Per pochi secondi, però. Ma i colleghi di quella filiale quante infamie si saranno prese così, gratis, per aver fatto quello che era stato loro chiesto?
E' un meccanismo perverso: noi dobbiamo lavorare come tutti, le nostre coscienze si ribellano, facciamo un continuo lavoro di limatura tra ciò che ci è chiesto e ciò che è compatibile con noi e i nostri clienti, in una costante ricerca di equilibrio che non penalizzi il nostro posto di lavoro, né il risparmiatore che proprio come noi ha fatto sacrifici spesso per tutta una vita. Quando si trova fregato, poi, sul risarcimento, il rimedio: ma, ci stiamo pensando, l’Unione Europea, il Governo, Visco, boh. Qualcosa verrà fuori.
E' l'ennesimo episodio di malabanca, ed è gravissimo, il più grave. Condanna i consumatori all'impotenza, ad una necessaria speranza che da oggi è la loro ragione di vita.
Non c'è niente di normale in tutto questo. Non è normale che chi causa un tale disastro non pagherà, che si stenti a ricostruire la catena di chi controllava chi, che questi incubi si reiterino nei vari Istituti, in forme diverse e che chi ci scapita siano le persone normali. Non è normale che in tutto questo ci sia scappato il morto, quel Davide di 42 anni schiantatosi sotto a quella finestra non si sa come. Non si sa? O Luigino, suicidatosi per aver visto sparire per magia i suoi 110.000 euro.
Ma se si fanno di queste porcherie, con le necessarie connivenze negli ambienti politici, sindacali e altro ancora, se le Banche fregano gli italiani onesti che le hanno scambiate per il loro passaporto per la sicurezza, se si è screditata un'intera categoria di lavoratori finora rispettata, se un giovane è morto in circostanze così dubbie e nessuno viene punito, qualcosa non sta girando come dovrebbe.
Noi della rete abbiamo visto di tutto e sopportato molto perché a lavorare bisogna andare; ma non vi pare che si sia passato il limite? Non vi pare che ora sia arrivato il momento di dire basta? Non è ancora giunta l'ora, dopo tanti maneggi fatti per coprire ignobili pecette su bilanci falsi, utili ostentati salvo omettere le perdite, e altri maneggi destinati ad arricchire chi, ve lo assicuro, era già più che ricco, che si restituisca il maltolto, in ogni senso, come si dovrebbe fare in un Paese normale?
Spero davvero che questi risparmiatori, e ne ho conosciuti - veri eroi del quotidiano -, riescano a trascorrere un Natale sereno e che il 2016 sia foriero di qualche buona notizia sui loro soldi. Ma al contempo temo anche che il Natale più lieto lo trascorrerà quella banda di impuniti geniali ideatori di questa nuova delittuosa macchinazione: passandola, ancora una volta. liscia.