PISTOIA. L’allestimento ha più il sapore dei giovedì siderali, quelli che Mauro Pompei, con la complicità culinaria di Alice Trippi, organizza, da qualche mese, nella sua libreria Lo Spazio, di via dell’Ospizio, a Pistoia. Legami, invece (senza accenti, scegliete voi: sostantivo o esortativo?), creazione dei Santimatti (Filippo Giansanti e Fabrizio Pelamatti) che segue Cloudtraits, si è materializzata domenica e lì, nel salone della sala da the, resterà fino a quando il caso lo vorrà, coincidenze che probabilmente si materializzeranno con la consumazione di almeno una delle funi che tengono unite le tre coppie di foto, corde che pendono dal centro delle iridi delle gigantografie di ciascun soggetto per depositarsi a terra. Che potrebbero anche essere lacrime insostenibili, ricatti spossanti, ricordi inalienabili.
La mostra però potrebbe anche essere disallestita se un giorno di questi, qualche osservatore particolarmente rapito dalle immagini, o totalmente frastornato dall’esistenza, propria e collettiva, inciampasse in una delle funi, cadendo rovinosamente a terra. Questa seconda ipotesi però è preferibilmente scongiurabile, perché oltre al dannno/bestemmie scatterebbe anche la beffa/denuncia. C’è anche un foglio di sala, nella libreria, del noto sociologo Robert Dunlop, che si perita, con loquacità tassonomica, seppur figlia di fantasie oltre ogni ragionevole prolificità, di spiegare l’intento della mostra. Al di là degli encomiabili sforzi alfabetizzanti dello studioso anglosassone, però, è davvero il caso di vederla, questa Legami, perché, tutto sommato, le cose stanno proprio procedendo a questa velocità e in questa direzione. Ci guardiamo diritti negli occhi e siamo, spesso, convinti di capirci, rispettarci, a volte addirittura amarci. I nostri sguardi vettoriali, invece, sono puntualmente alla mercé del tempo che scorre intorno alle nostre vite e soprattutto fra i nostri coni ottici, che si illudono, tanto presuntuosamente, quanto tristemente, di essere vaccinati al logorio delle interruzioni, delle fratture, delle intermittenze. Non basta, invece, non basta mai: le persone e le cose che abbiamo sistematicamente di fronte hanno rigorosamente bisogno di essere rinnovate, rilette, rivissute, ricominciate, pena l’abitudine, prologo e mostro subdolo, ineludibile, del disinteresse, premessa della fine. O quanto meno riannodate alla nostra vita, nuova o rinnovata, che si lacera alla ricerca di soluzioni, illudendosi di credere che a volte possa bastare cambiare direzione, orizzonte, sguardo. La foto sul pezzo è quella che rappresenta in modo più flebile il concetto: sono le sorelline Bianca e Sofia, figlie di Alice e Mauro. Con loro, forse - e glielo auguriamo -, il tempo sarà meno sadico di quanto non si diverta a esserlo con gli altri.