PISTOIA. Il rischio, c’è ed è tangibile. I drammi sono altri, certo, ma se nel 2018 piazza del Duomo non dovesse ospitare la 39esima edizione del Festival Blues, la città, qualcosa, perderebbe. Di consistente. E non solo da un punto di vista musicale, culturale, spettacolare. Pistoia senza il Festival Blues è come Siena senza Palio, senza temere di oltrepassare ogni ragionevole sorta di esagerazione. Molti pistoiesi, sposati e con bimbi grandicelli, non erano ancora nati quando la città ospitò il battesimo (14 luglio 1980). Non vi faremo adesso l’elenco dei Musicisti (la maiuscola è d’obbligo) che hanno impreziosito, in questi trentasette anni, il palcoscenico della manifestazione: ci sono passati praticamente tutti, salvo qualche rarissima eccezione. L’eventuale anno sabbatico (nella migliore delle sciagure) va scongiurato in tutti i modi, perché se si materializzasse, creerebbe un pericoloso precedente.

I fatti sono noti. L’Amministrazione comunale - in perfetta discontinuità con quelle dei settant’anni precedenti -, appena insediata, ha deciso di fare un bando – ci dicono non proprio esemplare – per affidare la gestione del Festival. Bando che ha ottenuto una sola proposta, che la triade esaminatrice ha valutato inidonea. Dunque: tutto sbagliato, tutto da rifare. Un Festival, però, soprattutto uno così prestigioso come quello di Pistoia, non si può organizzare dal tramonto all'alba; occorre pianificarlo accuratamente, per una serie innumerevole di dettagli che sono facilmente immaginabili. Giovanni Tafuro e la sua dinastia, rispettivamente direttore artistico e componenti lo staff della manifestazione dal 1985, all’annunciazione del bando, che hanno disertato, si sono fatti da parte e si sono messi alla finestra, aspettando l’evolversi della situazione. “Abbiamo preso atto delle intenzioni della nuova Amministrazione – racconta l’art director del Blues’In – e abbiamo deciso di farci da parte, in attesa di sviluppi. Ovviamente, la nostra vita artistica prosegue, con altre manifestazioni organizzate altrove e per le quali, nel giro di breve, potremmo già fare e dare qualche interessante anticipazione. Pistoia resta e resterà per sempre il nostro indelebile fiore all’occhiello, un prestigio del quale ci fregiamo, ma verso il quale non possiamo e non vogliamo incarognirci a tutti i costi”. Il nostro augurio, che foraggiamo da tempi non sospetti, è che Tafuro, o chi per loro, non depredino quella meravigliosa piazza sottraendo, a luglio, il palcoscenico del Festival, che crediamo abbia ragione di esistere per tre giorni e con tutti gli effetti collaterali inclusi: mercatino, prima di ogni altra cosa, workshop e tutte le derivazioni della rassegna musicale, casomai anche con un ostello, non necessariamente per giovani, ma a prezzi abbordabili (ci si sarebbe dovuto pensare almeno vent’anni fa, vero Scarpetti-Scarpetti, Berti-Berti, Bertinelli?), in grado di ospitare quella fetta di pubblico che a Pistoia verrebbe volentieri a passare un fine settimana, anche senza l'appellativo, sempre più sconsiderato, di capitaledella Cultura. Con artisti degni di quella piazza, di quel Festival, di quella storia. Perché di Festival bar, non sapremmo che farcene; anzi, un Festival che non ricalchi la scia dei precedenti, non lo vogliamo!

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