PISTOIA. Questo pezzo lo scriviamo per noi, Steven, e non per te. A te, dobbiamo solo delle scuse, che ci apprestiamo a farti, volentieri. Ci occupiamo di musica da più di trent’anni e siamo stati spettatori privilegiati, perché non paganti, di una miriade di concerti. Abbiamo assistito a esibizioni memorabili come ad altre di modestissimo spessore e abbiamo sempre avuto il coraggio di esporci: rischiando grosso e pagando, puntualmente, dazio. La lista è lunghissima; la memoria, muscolo volontario, ricorda tutto, per filo e per segno, ma non ha alcun senso che in questa circostanza ci si pavoneggi della nostra lungimiranza. C’era già capitato di imbatterci nel tuo talento (la foto che pubblichiamo non è di ieri sera, al Santomato – si capisce dalla rotondità del viso -, ma scattata in chissà quale altra occasione), ma ci sfugge il motivo per il quale non lo abbiamo mai evidenziato quanto meriti, ci irrita la nostra miopia: sei un vero e proprio animale da palcoscenico.
Conosci perfettamente i tempi e i ritmi musicali, ma soprattutto quelli dello spettacolo, dell’intrattenimento. Vederti all’opera ieri sera – anche se giocavi sul velluto, visto e considerato che sei stato supportato da un quintetto capace di esaltare un moribondo – ci condanna, irreparabilmente, al dazio della distrazione e, come rimedio, a porti delle scuse. Che ti facciamo volentieri, chiedendoti di soprassedere a tanto ingiustificato silenzio. Sei uno showman delizioso; hai un diaframma pluricomposto; suoni disinvoltamente e, bene, tanto la chitarra, quanto le tastiere; gigioneggi come solo chi sa di possedere nella propria faretra un’enormità di dardi da scagliare e soprattutto hai, nel dna, la carica del mattatore. Esageri, puntualmente, con dovizia di particolari, senza mai tracimare laddove la simpatia si confonde con l’irritazione: sei un pezzo pregiato dello spettacolo e un pazzo calibrato dello show. Scimmiotti Elvis con la consapevolezza delle prorzioni, vanti un'elasticità che anche Jerry Lewis, ti invidierebbe e ignori, forse, di ricordare, maledettamente, il John Travolta di Pulp Fiction. Ti dobbiamo mille scuse. E un caffè, che ti offriremo appena avremo l'occasione di incontrarci.