PISTOIA. Non si capisce, conoscendoli, che Francesco Rotelli e Luca Zacchini facciano parte della stessa formazione teatrale, Gli Omini. Anzi, a dirla fino in fondo, non si ha nemmeno l’impressione che facciano lo stesso mestiere. Non lo pensiamo, diciamo e scriviamo solo ora, alla luce dell’intervista/confessione rilasciata da due dei quattro apocalittici nel pomeriggio nel saloncino del piccolo Teatro Bolognini a chiusura di Talk Show (una delle tante idee estive dell’Associazione teatrale pistoiese), dietro le incessanti e gradevolissime battute fatte dai loro intervistatori, i colleghi di Sotterraneo (Sara Bonaventura, Claudio Cirri e Daniele Villa, il dotto); è così, ma è la loro fortuna, il loro magma indispensabile, che non si esaurisce con questo stridore umorale, tra la scimmia del circo e l’animale inaddomesticabile; perché non crediate che le femmine del gruppo, Francesca Sarteanesi (assente giustificata perché impegnata a fare sugna, quella che ha sempre pronto il piano B) e Giulia Zacchini, seduta accanto a noi, tra il pubblico, la divinità della formazione che preferisce restare dietro le quinte per un ostentato senso di sensualissimo pudore, appianino le asperità. Anzi.

La confusione, alla presenza di tutti e quattro, diventa babelica, ma ribadiamo il concetto: è la loro forza, la distribuzione circolare delle loro energie, l’attingere ai quattro punti cardinali quello che succede in un preciso istante in un determinato spazio. Perché c’è davvero poco da aggiungere e tanto da dire di quello che facciamo, ha forse improvvisato Francesco Rotelli durante quella che sarebbe potuta essere una semplice conversazione tra colleghi. Che così è stata, anche se non sono mancati gli spunti, proprio come si conviene a un talk show, che oggi è più sembrato un tolc sciò, per affondare nell’intimo alcune considerazioni che comunque trapelano, con vistosità quasi ingombrante, tanto dagli spettacoli degli intervistati (Gli Omini) che da quelli degli intervistatori (Sotterraneo). Un incontro che ha seguito un suo canovaccio preordinato, scandito dal tempo digitale che scorreva sotto la scrivania in bella mostra al pubblico, tre argomenti chiave per approfondire l’intima tematica teatrale degli Omini, più un’improvvisazione scenica affidata a un volontario (Nicola Maraviglia, in perfetta tenuta tedesca), che si è dovuto fronteggiare emotivamente con una fotografia. E ci è parso giusto e anche doveroso, da parte dell’Atp, omaggiare il lavoro de Gli Omini, che hanno goduto di residenza artistica proprio al Manzoni ricambiando il favore e la produzione con rappresentazioni di alto respiro nichilista e proletario, un bilancio spettacolare che proprio in questi giorni andrà in scena alle Rotabili, dove Gli Omini, fuori da ogni schema e contesto, esprimono forse la loro anima più ignobile, cruda, teatrale. Due anime, Gli Omini e quelli di Sotterraneo, che si sono ritrovati fianco a fianco a spiattellare davanti a una platea a onor del vero quasi intimista, i sogni e le paure di un mestiere per il quale vale la pena continuare a crederci solo quando si ha ancora qualcosa da recepire e raccontare, senza dimenticare di avere, sempre a portata di mano, il Piano B, quello che ti consente di dormire, ma che ti esorta a non smettere di fare quello che fai, perché si sa, il Piano B, è un rimedio sopravvivenziale: fa cacare.

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