di Francesca Nobile
AMATRICE. È notte in montagna. Il buio è nero. Duecentonovanta stelle ci aiutano a muovere i passi verso il vostro giardino. Il silenzio ci unisce. Il dolore è la nostra comunità. La campana rintocca i vostri nomi che diventano lacrime. Siete tanti, troppi. Ci sono i bambini e le mamme. I nonni e i papà. Gli amori giovani e i loro cani. Nessuno mai sapeva del vostro viaggio senza ritorno. Poi ci sono i fogli, le carte, i bolli, i timbri e cento firme. Troppi! Siamo soli e bloccati dai loro lucchetti invisibili che provano a fermare la voglia di ricominciare. Ma noi siamo pronti, vogliamo costruire, arredare, accendere i camini, aprire le finestre, chiudere i portoncini, stendere lenzuola e cuocere il pane. Per ora, rabbia e macerie. La speranza sono le gru. Vogliamo guardare oltre e non vedere i sassi. Siamo tutti pronti. Loro no. Due lunghi anni che bloccano la forza delle genti di montagna. Cadrà di nuovo la neve senza poter accendere il fuoco. Questa notte è già fredda. Gli anziani sono smarriti, i bambini aspettano la scuola nuova. Questa notte non sentiamo le promesse. La processione è giunta da voi. Siete con noi sempre, ancora per oggi l’unica certezza che abbiamo, impossibile da scardinare, come quando si rientrava a casa e un altro racconto era lì per noi: Il telaio, lo speziale e l’asinello Rosina.