di Samuele Manduca
VA BENE SOPRATTUTTO per coloro che passano l'estate a casa, Leon Redbone, classe (innata) 1949, vero nome Dickran Gobalian, armeno come Charles Aznavour, per via di alcuni suoi stilemi e gorgheggi, secondo me, cugino di Frank Zappa (1940), trapiantato prima a Cipro poi a Londra, da ultimo in Canada a Toronto, nella fine degli anni '60 del secolo decimonono. Addirittura Bob Dylan ne fu molto colpito quando lo vide per la prima volta esibirsi al Mariposa Folk Festival del 1972, tanto che ne parlò in un'intervista a Rolling Stones poco dopo. Vi consiglio il suo primo album, On The Track, 1975 by WB, ma anche il meraviglioso Double Time, del 1977, sempre dalla Warner. Inevitabili i rimandi cinematografici a Buster Keaton, in cui i viaggi sul vapore sono un tema ricorrente sin dai suoi albori e che culminano con la pellicola di Gerald Potterton, The Railrodder, del 1965, in cui le scanzonate note di Ossorosso sembrano fare idealmente da colonna sonora.
Autodidatta, sempre suonato a orecchio, mai fatto le prove con altri musicisti, di cui si curava veramente poco, anche so lo accompagnavano in tour da decenni, fatto sta che i musicisti si curavano di lui, visto che lo stesso summenzionato Zappa lo prendeva a modello canoro assieme al, secondo me, sopravvalutato, quanto stranoto, Tom Waits. Ascoltava la musica di Bing Crosby, Emmet Miller, Blind Blake, Paganini, Caruso, Gene Austin, John McCormack, Stanlio e Ollio, i gorgheggi dei vocalist della Mongolia, Mustafa il Castrato. Ci ha lasciato un mese e mezzo fa, il 30 di maggio, a Bucks County, PA. Qualcuno dice che fosse da tempo vessato da demenza senile, ma secondo me faceva finta perchè si era rotto i coglioni di un tempo che non gli è mai appartenuto. Lascia la moglie, le due figliole e tre nipotine, nonché, ai posteri, un patrimonio di canzoni e interpretazioni che si propagano inevitabilmente anche al nostro Paolo Conte e, quindi, ai toscani Roberto Benigni e Piero Ciampi, che, è chiaro, non vi hanno mai detto perchè lo ascoltavano. Le parole con cui ci ha lasciato, attraverso l'epitaffio pubblicato settimane fa sul suo sito, sono come i testi delle sue canzoni: fragili, tristemente ironici, senza speranza oltre a quello di fumarsi un cubano, indossando un panama bianco e un sempiterno paio di occhiali da sole che lo accompagnavano anche durante le sue curiose performance. It is with heavy hearts we announce that early this morning, May 30th, 2019, Leon Redbone crossed the delta for that beautiful shore at the age of 127. His longtime publicist Jim Della Croce confirmed that his age was, in fact, 69.
P.S. Leo Redbone non è mai stato invitato al Pistoia Blues Festival