SIAMO COSI’ abituati a vedere una televisione anfetaminica, seppur vuota, che quando abbiamo la fortuna di imbatterci in un programma ricchissimo, ma senza filtri di acido lisergico, stentiamo a capire. Certo, la colpa è di coloro i quali ci hanno pressurizzato fino all’esasperazione con il nulla facendoci credere che fosse quello di cui avevamo bisogno; e nostra, che non abbiamo fatto nulla per invertire la rotta: in alcuni casi, sarebbe bastato spegnere la tivvù. Ma giovedì sera, per fortuna, ci siamo messi sul divano e abbiamo aspettato, con trepidazione, Skianto, un'ode alle donne, alle madri, alle sorelle, alle amiche, alle mogli, alle amanti, trasposizione teatrale al tubo catodico, sulle note di Sanremo 1967, dell’omonimo spettacolo (riproposto, recentemente, e recensito al Niccolini di Firenze) di Filippo Timi, del quale siamo ciechi furiosi esaltatori, spesso perdendo l’obiettività, di cui ci fregiamo. Lo preferiamo a teatro, il joker umbro, naturalmente, dove lo abbiamo visto vestire e smettere mille abiti e centinaia di scarpe, spesso tacco dodici, entrare e uscire da una miriade di personaggi portando, in ognuno e puntualmente, dentro il suo, che combatte, ridendo a crepapelle, ogni battaglia, su più fronti. Anche negli studi televisivi le cose non sono cambiate molto, ma lontano dalle telecamere, casomai drogati da qualche spazio pubblicitario.
Il palcoscenico televisivo è il riadattamento della pedana dell’Ariston, a colori, di quella strana edizione, quando Luigi Tenco (di cui Filippo Timi sembra vagamente una reincarnazione), uno dei caposcuola della corrente genovese, decise di togliersi la vita. A fare da Cicerone, o Virgilio, se preferite, ma anche Caronte, al giovane Timi, Pippo Baudo, che di Sanremo, con tredici presentazioni (1968 – 2008) ne è pietra insostituibile. A rileggere, musicalmente, alcuni motivi di quella stagione, un piccolo schieramento di voci disallineate: Petra Magoni, Mario Biondi, China Moses, Simona Molinari, Marialuna Cipolla e Serena Brancale (cantante con la quale, quest’ultima, spesso, rischiamo di perdere l’obiettività di cui sopra, ritenendola una delle cose più interessanti in circolazione), sulle note di un’orchestra (le telecamere, fortunatamente, si sono soffermate a più riprese sui piatti, targati Ufip, vanto cosmico di Luigi Tronci, artigiano pistoiese) guidata da Raphael Gualazzi. Fra gli ospiti, come sarebbe potuta mancare una delle sue muse teatrali, la rosellina Marina Rocco, che darà il testimone, per la seconda puntata di giovedì prossimo, 20 febbraio, all’altra grande ispiratrice e fiancheggiatrice, Lucia Mascino. Tutto questo per dirvi che è questa la televisione che vorremmo, che crediamo di meritare e per la quale, pagare il canone, avrebbe senso.