di Giorgio Trinci
PISTOIA. Da qualche giorno il mio babbo e la mia mamma hanno iniziato a portarmi fuori. Malgrado i cappellini un po’ ridicoli che mi mettono in testa, è bello sentire l’aria fresca sulla pelle, il caldo del sole, il rumore delle persone, come bello è ammirare il mondo dal basso all’alto mentre c’è chi ti porta in giro. Il cielo è azzurro e grande, anche quando ci sono le nuvole. Andarsene per strada e prendersi pure i primi complimenti, specie quelli delle donne, è un vero spasso ma - come ho presto imparato - ogni cosa ha uno scotto da pagare. Così, passeggiando, io e il mio babbo ci siamo imbattuti nello Scardigli che ha proposto queste righe. E siccome il babbo è un po’ pigro, eccomi qui. Hic! Ogni tanto singhiozzo: dice che sia segno di crescita. In altra sede racconterò come ho fatto a imparare a scrivere e usare il pc alla mia età. Per adesso, da bravo bambino, mi limiterò alle poche riflessioni richieste. Che dire, termini di paragone con il mondo com’era prima non ne ho. Sono nato la sera dell’11 marzo, proprio mentre in televisione Conte chiudeva tutto. La quarantena, dice. Del prima ho soltanto ricordi confusi di voci, suoni, alternanze di buio e luce e un senso di benessere assoluto.
Nessuna preoccupazione là dentro, cari miei! Fatto sta che mi hanno detto che dal mio arrivo all’ospedale San Jacopo alla mia uscita, quattro giorni dopo, il mondo è cambiato. La gente ha smesso di uscire di casa per un pezzo e io sono rimasto chiuso in casa per un mese. Non che mi sia mancato niente, per carità. Latte e pannolini ci sono sempre stati, così come posti morbidi dove schiacciare un pisolino. E poi, se la devo dire tutta, stare sempre con il babbo, che lavora da casa (cioè sta al telefono e traffica con quel coso luminoso) e la mamma, che dice essere in maternità, mi garba. Hic! Mangio, dormo, piango e ho iniziato a fare i primi sorrisi che pare tanto piacciano ai grandi. Insomma, repertorio completo. Mi prendo tanti baci, mi cambiano e mi cullano. Ascolto anche la musica. Mi piacciono David Bowie, i Queen, i Beatles e qualche blues. Non mi piacciono i Led Zeppelin, i Pearl Jam, De André e Guccini. Mio babbo dice che imparerò ad apprezzarli tutti; povero vecchio illuso, non penserà mica che diventi un adolescente obbediente? Mentre già ordisco piani per una gioventù da ribelle che ripaghi i miei genitori delle figuracce per le ridicole tutine, mi chiedo perché tutti, là fuori, abbiano quelle mascherine sulla faccia. Sono tante le cose che ancora non capisco, ma quelle cose celesti o bianche sulla faccia mi sembrano davvero strane. Chi si affaccia sulla carrozzina mi guarda dall’alto in basso e a me, là sopra e là dietro, sembra di scorgere dei sorrisi. Ho come l’impressione che vorrebbero sbaciucchiarmi, prendermi in braccio come fanno il babbo e la mamma. Ci sono alcuni signori, che mi dicono essere i miei nonni, che lo ripetono sempre. Dicono che sono tristi perché non mi possono prendere in braccio. Ogni volta che mi vedono dal fondo delle scale dicono che lo fanno per il mio bene, che è meglio così, che è saggio aspettare, ma mi sembra non ci credano nemmeno loro. E lo stesso discorso vale anche per gli amici dei miei genitori che sono venuti a suonarci il campanello e ho visto con quei cosi che i grandi tengono sempre in mano. Hic! Stanno tutti a parlare di questo baco che c’è in giro. Dunque, se ho ben capito, prima non era così. Dicono fosse meglio allora, ma si sa, i vecchi hanno sempre nostalgia del passato. Io guardo avanti, anche perché l'unico passato che ho è quello che mi viene raccontato, così non posso fare altrimenti. Non ho fretta, do tempo al tempo. Sono un saggio vero - io - non come questi filosofastri da tre soldi. Se c’è da interrogare qualcuno sulla vita, chiedete pure; sono un figlio del dopo, che deve rifondare il mondo. Sich!