di Olimpia Capitano

LIVORNO. Anche quest’anno, a Livorno, la manifestazione culturale Effetto Venezia c’è e giunge alla sua trentacinquesima (e particolare) edizione, organizzata in due lunghi fine settimana dal 21 al 23 e dal 28 al 30 agosto e strutturata attraverso più luoghi della città, dal quartiere storico della Venezia, a Piazza Garibaldi, Piazza della Repubblica e Piazza XX settembre. La scelta che fa da cornice a Effetto Venezia e dintorni acquista oggi un senso ulteriore, permettendo di abitare diversi spazi della nostra realtà urbana tra suoni, voci, colori ed echi di una plurale e multiforme espressione artistica che ci è mancata e si riaffaccia, viva, nelle nostre quotidianità. E senz’altro, se al fondo della creazione artistica poniamo l’esigenza dell’espressione e l’aver poi di fatto qualcosa da dire, è probabile che il peso di un inespresso condiviso sia a oggi cresciuto. Al netto di ciò e del momento delicato, quando non catastrofico, che stanno attraversando i lavoratori dello spettacolo (e che si prospetta lungo e difficile), la scelta di portare avanti una manifestazione che mobilita sinergie tra arte e territorio, che investe nel sostegno del settore della cultura, con tutte le dovute norme di sicurezza, è un atto politico importante.

È partendo da questo afflato che si può avvertire un’atmosfera singolarmente poetica nello stesso brulicare cittadino, nei quadri di paesaggi urbani illuminati dalle luci che sembrano quasi sfrigolare nello specchio d’acqua dei fossi, nei musei, nei ristoranti, tra strade, vicoli e corpi. Ed è dall’incontro dei corpi con lo spazio, con il suono, con il proprio intimo che cominciamo. I corpi sono al centro di un’altra manifestazione, il Deep Festival, alla sua terza edizione, curato da Mo-Wan teatro e diretto da Alessandro Brucioni e stavolta inserito nel cartellone di Effetto Venezia e dintorni. Di nuovo la rassegna è in grado di costruirsi attorno al fulcro dell’interdisciplinarietà, proponendo una tre giorni di teatro, danza, musica e letteratura, aprendo diverse finestre di osservazione sulla scena contemporanea, muovendosi tra orizzonti di ripensamento di una scrittura drammaturgica e culturale, creando incontri. Incontri è proprio il nome di uno dei progetti in rassegna, che propone atti performativi di improvvisazione tra linguaggio coreografico e musicale, attraverso la messa in relazione di artisti che non hanno mai lavorato insieme: si crea così un dialogo tra l’estemporaneità, l’immanenza del movimento e della musica e un luogo iconico, suggestivo e denso di significato come la Chiesa del Luogo Pio, recentemente entrata a far parte del polo museale. I primi artisti che si sono esibiti la sera del 21 agosto sono stati Nicola Cisternino ed Emanuele Parrini: il primo, autore e danzatore per Virgilio Sieni, Kinkaleri, Company blu, Abbondanza/Bertoni; il secondo, violinista poliedrico, tra i maggiori rappresentanti contemporanei del suo strumento in ambito jazzistico, che vanta collaborazioni con molti musicisti. Velocità e varietà hanno creato una sorta di fil rouge che ha condotto lo spettatore attraverso lo sciogliersi di una performance all’insegna della curiosità: curiosità di ricerca e comunicazione che hanno portato a un movimento a tratti frenetico, strutturato sull’ascolto del micro-movimento, indagato e osservato, tra gesti e ripetizioni di volta in volta più complesse, costruendo una dinamica pronta ad arrestarsi per poi ritrovarsi. Il dialogo tra Cisternino e Parrini cresce e si lega nello spazio, suono, corpo e ambiente comunicano attraverso la cifra comune del gioco e la sensazione, positiva, è quella di un ritrovarsi e sapersi riscoprire, intimamente e insieme. A seguire è stata la volta dell’incontro tra Katia Pagni e Giacomo Riggi: la prima, danzatrice e coreografa che ha approfondito il lavoro di improvvisazione e composizione con coreografi quali Jermain Spivey (Crystal Pite’s company, Forsythe company), Shahar Binyamini (BatshevaDance Company), Mimi Jeong; il secondo, pianista, diplomato in strumenti a percussione che vanta collaborazioni con prestigiosi musicisti e ha lavorato in qualità di pianista bandleader per la compagnia Cirque du Soleil. Questo scambio ha creato una narrazione del tutto diversa rispetto alla prima, restituendoci una dimensione di dialogo sottile, tra movimenti che si spezzano e rendono all’osservatore tutta la contraddizione insita nel delicato timore della scoperta di sé e dell'alterità. Nel coacervo di suono e danza creato da questi intrecci, si intravede e percepisce una realtà al confine col sogno, sfumato da toni cupi che rimandano a quanto di più comune all’essere uomo: alla ricerca di contatto, tra empatia e paura di mostrarsi. Nelle prossime serate altri dialoghi avranno modo di creare nuove storie e atmosfere nel medesimo luogo, grazie a Irene Russolillo, Simone Graziano, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti e Gabriele Evangelista. Nell’incontro tra corpi, intimità e ambienti si riflette quindi tutta la forza di un’arte che c’è, che freme e che torna ad esprimersi tra le reti di una città che sa accogliere e tra i molti sguardi che si nutrono del saper osservare.

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