di Federico Di Pietro

PISTOIA. Il 12 dicembre in Italia riecheggia di bombe, tritolo, neofascismo e silenzio. Il 12 dicembre di Pistoia, fortunatamente, ha un altro sapore: ha quell’aroma agrodolce di anniversario. L’anniversario del primo anno di vita della libreria-bacaro Lo Spazio. Sarà che sono di parte e che, per almeno 9 mesi, ho visto in prima fila l’avventura della libreria ergersi e camminare rettamente, ma posso annoverare, questo 12 dicembre, come uno dei giorni più belli dell’anno. L’apertura di una libreria, e non di un supermercato di libri come il 90% degli altri negozi pistoiesi, ha un significato profondamente civico, che si lega, indirettamente, allo sviluppo culturale di una città. Specie se la libreria in oggetto è uno spazio che favorisce lo scambio tra i clienti e il libraio, tra i clienti e i clienti, tra i clienti e i clienti del bacaro. In una giornata caratterizzata dall’assenza/presenza da remoto di Marco Balzano, atteso in libreria ma fermato dalla dose booster del vaccino (vaccinatevi, per dio!), la presenza di Antonino Siringo e Rebecca Scorcelletti, rispettivamente piano e voce, ha sicuramente dato lustro a un compleanno particolare. Il concerto, programmato per le 18, ha visto l’affluenza di molte persone che, accalcandosi sia al bacaro, che in libreria, hanno potuto ascoltare, per una mezz’ora, una serie di pezzi tutt’altro che scontati.

Antonino, docente della Scuola di Musica di Fiesole, e Rebecca, voce affermata, riescono a rendere ancora più affascinante il repertorio scelto per la giornata. A fronte di un iniziale Malamuri di Olivia Sellerio (che altro cognome poteva avere l’autrice della prima canzone scelta per festeggiare l’anniversario di apertura di una libreria?), Rebecca ci accompagna in un sentiero di echi isolani e quasi marittimi. Sarà, ovviamente, il dialetto siciliano o la grazia di Siringo al piano, ma sembra che per almeno quattro minuti si sia entrati in un letto di un fiume e si sia trasportati dolcemente. Con Rosa di Pixinguinha e O que sera, di Chico Buarque, l’atmosfera cambia, e il duo ci scaraventa in suoni di un’epoca passata. Sembra quasi che lo Spazio sia diventato un locale portoghese o brasiliano in cui si gioca il buraco (e non il burraco, variante nostrana) e in cui i pensieri che ci affliggono quotidianamente, quei pensieri di fuga e alienazione, si dissipino per un brevissimo lasso di tempo. Il brano finale scelto è invece Strade Parallele, brano magistrale ricordato per la collaborazione tra Battiato e Giuni Russo. Durante la bellissima e commovente esecuzione di Antonino e Rebecca, ognuno ha potuto riflettere sulle sue strade parallele, su quelle incidentali, su quelle contrapposte. Cos’è meglio, essere per sempre paralleli a qualcuno e non incontrarsi mai o, invece, scontrarcisi e allontanarsi? Il bis, ovviamente richiesto dal pubblico, è stato Vai Passar, sempre di Chico Buarque, sempre così puntualmente riprodotto e interpretato. Ciò che rimane è la sensazione, leggera forse, di aver viaggiato, per anche solo una mezz’ora, fuori da tutto quello che ogni giorno ci circonda, e che per buona parte, vorremmo cancellare. Quindi, oltre alla bravura, al virtuosismo, ciò che Siringo e Scorcelletti hanno fatto, è stato quello di aver messo a nostra disposizione un battello (non ebbro) non affollato che, al ritmo di scirocco, ci ha dondolati fuori dalle nostre oblique certezze.

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