PISTOIA. La stima e il consenso se li è guadagnati sulla strada; il piccolo schermo ufficiale, quello della Rai, gli ha dato quello che occorre per vivere sul mercato, la notorietà. La storia di Giuseppe Carmignano, da quando è passato dagli studi di Saxa Rubra, la sanno un po’ tutti: non ancora trentenne, siciliano di Niscemi, sposato con un’ucraina che le ha già dato in dono tre figlie (fino a quando non arriva il maschietto non ci fermiamo, ha detto sorridendo) ha trasformato il suo talento e la sua passione in un lavoro. È un cantante, che conosce perfettamente tanto le sue doti quanto i suoi limiti e che preferisce (per ora, perché se le cose gli dovessero andare per il meglio, non è da escludere che smetta di vagabondare) ai palcoscenici, agli studi televisivi, gli angoli delle strade. Lo abbiamo conosciuto, stamattina, in pieno centro a Pistoia, che pullulava, come ogni mercoledì e sabato, di acquirenti compulsivi. Era sull’angolo della centralissima piazza che coincideva, negli anni ’60, ’70 e ’80, con il punto di partenza e arrivo delle vasche dei giovani indigeni. Ha piazzato il suo microfono, le sue casse amplificate, collegandole al suo telefonino, che gli ha fornito, nel giro di un paio d’ore, le basi musicali di un numero imprecisato di basi musicali di grandi successi, tutti italiani.
Ha cantato, gesticolato e soprattutto ringraziato, ogni volta che qualche passante lasciava cadere, nel suo cappello di paglia appoggiato a terra, qualche moneta, come se fosse a una prova decisiva per il suo futuro. In televisione non l’avevamo mai visto, ma per il semplice fatto che non guardiamo la tivvù; molte signore in là con l’età, invece, lo hanno riconosciuto e non si sono esentate dal fargli i complimenti, addirittura interrompendolo durate le esibizioni. Piace alla generazione che si appresta ai congedi? In qualche modo sì, perché Giuseppe Carmignano, siciliano in prestito all’umanità, canta in modo antico, spesso congiungendo la dentatura inferiore con quella superiore. Ricorda, nelle movenze, Fabio Concato, anche per quel gusto soffice e naturale che ha di regalare la sua voce e non si lascia lontanamente intimidire dalla distrazione generale che non può non condizionare il suo pubblico, che non è accorso a sentirlo, ma che appena lo sente, decide di fermarsi un attimo, per godere della sua voce. A metà mattinata, il suo cappello di paglia appoggiato a terra a un paio di metri dall’asta del suo microfono, era già pieno zeppo di monete, addirittura con qualche banconota. Poco prima delle tredici, quando ha riposto le sue armi incruente di battaglia, si è dovuto far dare, da un ambulante, un sacchetto di platica, altrimenti, i guadagni di oggi, non avrebbe saputo dove metterli Ogni tardo pomeriggio rientro a casa, a Fivizzano. Lì, tempo fa, ho trovato una casetta in affitto che si addice, perfettamente, alle mie esigenze; senza mia moglie e le mie figlie non potrei dormire. Se mi chiamano fuori da qualche parte, va da sé, che nel contratto, ci devono essere le mie donne al seguito, altrimenti non se ne fa di nulla. Ascoltarlo, stamattina, è stato un piacere; durante una delle ultime esibizioni, rinfrescandosi, si è accorto di aver terminato l'acqua della bottiglia che sta tra i suoi arnesi da lavoro, sale compreso. Due passanti, di due generazioni diverse, accorgendosene, hanno provveduto a fargli recapitare nuova lifa liquida, appoggiandogliele lì, accanto al cappello con il quale fa cassa. Se dovesse capitare ancora, invece che dedicargli una manciata di minuti, staremmo ad ascoltarlo tutto il tempo che riserva al concerto; ne varrebbe la pena.