di Chiara Savoi
SIENA. Jannacci vieni fuori, dai, non ti facciamo niente. Abbiamo capito. Dai, Jannacci, rientra nel sistema. Così Elio, grazie all'aiuto di un megafono rosso, inizia lo spettacolo Ci vuole orecchio con la regia di Giorgio Gallione e gli arrangiamenti musicali di Elio Silvestri. Lo spettatore non deve aspettarsi uno spettacolo documentario perché di Enzo Jannacci non si scoprirà niente di nuovo e non si conoscerà nessuna esegesi di nessuna canzone, ma uscendo dal teatro saprà chi era Jannacci e capirà la sua genialità. Jannacci era il comunardo, come lo chiamava il suo primario in ospedale perché visitava i bambini poveri meridionali, ma è anche l'artista che più di ogni altro ha saputo raccontare la Milano degli anni '60 e '70, quella delle periferie surreali e assurde: personaggi borderline, puttane con il mal di piedi (La luna è una lampadina) tossici e anche i tassisti (Aveva un taxi nero) con i loro drammi. In questo spettacolo le canzoni vengono annunciate da monologhi scritti da Dario Fo, Michele Serra, Beppe Viola, Cesare Zavattini, Umberto Eco, Emilio Gadda e che parlano di altro ma, attraverso un semplice link, anche una sola parola, sono connesse alla canzone seguente. Così, ad esempio, il discorso sul traffico che vuole andarsene da Milano, introduce la canzone del tassista Mario e una scritta sul muro Margherita perché introduce quella della prostituta. Quanto c'è di Jannacci in Elio? Tantissimo!
Questo spettacolo sembra il suo ringraziamento per quello che ha fatto e che gli ha trasmesso preparando la strada al gioco di parola, alla critica verso una società sbagliata, al lato giusto che non è quello dei vincenti. Non ci sono cadute patetiche, non c'è rievocazione mielosa, non è il ricordo nostalgico nei confronti di un Maestro, ma un omaggio fresco e sincero all'artista che meglio di chiunque altro ha mescolato i contrasti: allegria e tristezza, farsa e tragedia, malinconia e gioia. Uno spettacolo un po' circo e un po' teatro canzone, come ha detto il regista in un'intervista e così Elio, bravissimo ballerino, danza tra gli strumenti e le canzoni per farci respirare l'essenza di Jannacci e farcelo scoprire attraverso le canzoni meno famose. Ecco quindi che un orecchio non esperto del repertorio di Jannacci, come quello di chi scrive, può conoscere canzoni mai sentite e commuoversi mentre sta sorridendo. Le canzoni di Jannacci sono come la vita che è imperfetta e parlano degli emarginati, dei perdenti, di quelli a cui non ne va mai dritta una e li racconta come fossero storie allegre e chi meglio di Elio può dare vita a quel filo che le unisce e le rappresenta? Una bambina, tra il pubblico, gli ha detto: sei bello. Ed è vero. Elio è bello in questo spettacolo perché gioca con i musicisti, con le parole, con il pubblico ed esalta il regalo che gli ha lasciato Jannacci nelle sue canzoni e lo fa con la grazia leggera di un clown conquistando i nostri cuori. Forse Elio avrebbe potuto osare di più e stupirci non certo con la terza mano presentata a Sanremo, ma con qualche simbolica piroetta. Forse è rimasto più fedele allo stile di Jannacci e ha rinunciato a qualcuna delle sue esagerate invenzioni. C'è un altro personaggio che si scopre da subito: Giorgio Gaber. Il modo di cambiare tono, le pause ad effetto, l'abbassamento della voce. Bello, Elio. Bravo, Elio, accompagnato questa volta da cinque bravissimi musicisti che non sono i suoi soliti: Alberto Tafuri (pianoforte), Martino Malacrida (batteria), Pietro Martinelli (basso), Sophia Tomelleri (sassofono) e Giulio Tullio (trombone). Un gruppo che fa pensare al jazz, come si può trovare in alcuni momenti delle canzoni di Jannacci. La scenografia è semplice e molto bella, cubi colorati illuminati da lampadine interne e uno sfondo che ricorda i disegni di quegli anni, dei locali della Milano da bere. Elio racconta di essere cresciuto a pane e Jannacci anche se non lo ha mai conosciuto, ma gliene parlava il padre perché erano stati compagni di classe. Era un suo fan e adesso glielo può dire senza vergognarsi. Anzi, glielo può urlare con il megafono: Jannacci torna.