PISTOIA. La matematica, si sa, non è un’opinione e Dante, questo, lo sapeva benissimo. I settecento anni dalla sua morte sono coincisi, esattamente, con la notte tra il 13 e il 14 settembre del 2021. E ora, che pare si possa tornare, tra mille precauzioni, a teatro, ognuno, tra gli addetti ai lavori, commemora lo scoccar dei sette secoli come meglio può e crede. Federico Tiezzi, attento non solo a event-i indimenticabili come questi secolari del Divino, non poteva certo non dare il proprio contributo. E lo ha fatto allestendo un Purgatorio notturno (La notte lava la mente) - l’unico dei tre posti contemplati dalla Commedia dove il Tempo ha un senso e scorre - impeccabile, mirabile, ricchissimo di ogni dovizia di particolari, affidando al suo mentore prediletto, Sandro Lombardi, i compiti della didascalia, un Dante che nella circostanza diventa anche un Caronte e che affida a un Virgilio (Giovanni Franzoni) i compiti della guida. Tutto succede in un Purgatorio semovente, dove le anime ansiose di poter aspirare al paradiso, da un Buonconte di Montefeltro a un Omberto Aldobrandeschi, passando, a battitura fissa, con ritmo e precisione, attraverso le preghiere e gli aneliti di un Sordello, Matelda, Beatrice, Pia, Guido Guinizzelli che giungono alle pendici della narrazione e della scena in veste di naufraghi come se ne vedono tanti, troppi, ovunque, specie nel Mediterraneo.
Come se non bastasse un testo semplicemente e inoppugnabilmente Sacro, affidato a un lettore attentissimo che chiama a raccolta una schiera di professionisti abituati a erculee fatiche mnemoniche, nella rappresentazione c’è anche la mano di Cristiana Morganti, che trasforma gli anchilosati protagonisti in accettabili danzatori. Un’opera massima, che non ha bisogno di alcuna traduzione e che rimarrà maledettamente attuale in ogni stagione umana, nel teatro necessita di un’ambientazione che non deve e soprattutto non può non contemplare le contingenze. Che sono, da due anni a questa parte, quello di cui, ahinoi, non è neanche più necessario accennare: non si parla d’altro e in particolare, tutto ruota attorno ai picchi sanitari e mediatici, che sono quelli che stanno generando gli umori della gente, tra cui, una piccola fetta, una percentuale ridottissima, popola i teatri. Lo scriviamo perché il Teatro Manzoni, che ospita lo spettacolo anche stasera e domani pomeriggio, domenica 16 gennaio, ieri, alla prima, era oltremodo spopolato e nessuno tra i pochi presenti è rimasto particolarmente impressionato? No, Tiezzi conosce perfettamente i suoi polli le dinamiche culturali legate all’intrattenimento e dunque al commercio, tanto che se fosse stato pieno si sarebbe insospettito. È la macchina della cultura, e in questa del teatro in modo urgentissimo, che ha vitale bisogno di una rifondazione. Gli storici fruitori sono gli abbonati, abitualmente pensionati, con un’età media che non ha bisogno di cifre per essere individuata. Tra comprensibili e indotti timori, molti di loro, al momento, preferiscono disertare e con il trascorrere del tempo, restare a casa può diventare una pericolosissima abitudine. I giovani, o almeno quelli ritenuti tali da una Fornero, devono, sempre in questo periodo iniziato improvvisamente e che nessuno ha ancora capito quando finirà, indiscutibilmente scegliere per centellinare distrazioni e spese. Il Teatro, però, non può certo accondiscendere alle stagioni, impaurendosi, tirandosi indietro, smettendo di denunciare, cercando i pertugi più comodi per come andare incontro alla sbadataggine del pubblico, altrimenti è solo un baraccone (c’è già la televisione, a tal proposito, che abbonda e stordisce) dove trascorrere la serata e possibilmente trovare il modo e il prezzo giusto in cui farsi due risate. Stiamo vivendo un periodo delicatissimo, che è coinciso, tra l’altro, con un cambio generazionale delle platee e degli spettatori. Un momento, come dicevamo prima, che non può e non deve non fare i conti con le certe cementificazioni del tempo, al quale ad esempio appartiene, per eccellenza, Dante. Ma l’impresa (eccezionale, cantava Dalla) è questa: il ripopolamento. Siamo pronti?