di Luna Badawi
PRATO. Va in scena, per il battesimo stagionale 2022-23 del Metastasio di Prato, la seconda parte della Trilogia della vita privata di Milo Rau, regista svizzero, oggi alla guida del NTGent in Belgio. Nella prima parte di questa trilogia, Rau, insieme alla sua squadra, affrontava il tema del suicidio collettivo, mettendo in mostra una società sull’orlo del baratro. Il ritratto della società occidentale in forte declino. In questa seconda parte, Rau decide di affrontare il tema dell’eutanasia, del dolore, della perdita: Della Morte. In una società in cui l’ascolto solidale è sempre più assente, dove si parla tanto, ma non ci si ascolta, metterci a nudo scoprendo le nostre ferite diventa un atto sovversivo e di grande coraggio. Il lutto e la perdita, nonché la decisione di abbandonare la vita e rifugiarci nella morte, sono temi tabù ancora oggi, che meritano più spazio nel dialogo della sfera mediatica e politica. La fragilità umana, la complessità dell’esistenza, la volontà di raccontarci e ritrovarci nei racconti altrui per non sentirci soli, sono temi che dopo tutto hanno la priorità anche in teatro. Da qui parte Rau con delle domande essenziali: Come raccontiamo la morte mentre siamo in vita? E cos’è per noi la fine? Come possiamo soffrire e scomparire?
Due attrici e due attori, molto diversi tra loro, sia per età che per provenienza, per vita vissuta e per aspetto fisico, vanno in scena per raccontare la storia di una donna che ha deciso di scrivere la parola fine procedendo all’eutanasia. I quattro attori raccontano la storia intervallandola con dialoghi dove condividono le loro storie personali. Storie di addii e rinascite, amori e speranza, di delusioni e memoria. Storie di Vita. Perché infondo la vita cos’è se non una miscela inesatta di gioia e dolore? Niente sembra a caso. Dalle luci alla sceneggiatura. Tutto pare studiato nei minimi dettagli. A partire dal nome dello spettacolo: Grief and Beauty. Dolore e bellezza. Il dolore che Johanna, la donna che procede all’eutanasia, non vuole più sopportare e la bellezza, quella che si porta via con il sorriso sulle labbra in punta di morte, ma anche quella che deriva dal nome che aveva dedicato al suo gatto. Noi siamo tante cose: siamo la nostra storia, quello che abbiamo fatto e detto, quello che non abbiamo potuto dire né fare. Noi siamo il nostro passato, le nostre decisioni, le nostre delusioni e le nostre perdite. Noi siamo assenza, presenza e continua evoluzione. Noi siamo come quelle cose che finiscono nel buco nero. Alla fine veniamo solo restituiti all’universo. Un racconto semplice, ma estremamente potente, che narra la fragilità umana di fronte al lutto. Il tutto legato da un file rouge musicale. La musica dal vivo, composizione di Elia Rediger e interpretazione di Clémence Clarisse intensifica il coinvolgimento e rende lo spettacolo molto più empatico. Il testo di Milo Rau & Ensemble con Anne Deylgat Arne De Tremerie, Princess Isatu Hassan Bangura, Gustaaf Smans, Johanna B. (in video), con drammaturgia di Carmen Hornbostel e scene e costumi di Barbara Vandendriessche è assolutamente un pezzo di vita da rivivere.