di Catia Zanella
Frequenta, principalmente, il teatro, ma quando si mette dietro la cinepresa, il russo Kirill Sebrennikov riesce a raggranellare consensi e premi. Con The student (sottotitolato La parola di Dio, proiezione drammaturgica dell'opera del collega tedesco Marius Von Mayenburg, (M)uchenik), la gradita e ormai inevitabile incetta è arrivata a Cannes, alla scorsa edizione, dove nella sezione Un certain regard, si è aggiudicato il primo premio. Bisogna andarlo a vadere questo film coinvolgente, bello, che libera la religione dalla sfera sacrale per apparecchiarla al quotidiano sociale. Ma anche, e non secondariamente, per riuscire a capire cosa stia diventando l'ex impero sovietico dopo l'incenerimento comunista. Veniamin è un adolescente, ribelle, nel nome del Signore, che vive con la madre.
Frequenta una scuola di bulletti e di professori che litigano fra loro e con i genitori degli alunni E’ soprattutto con i professori di scienze e di religione che Venya si inasprisce, rilanciando a quest’ultimo le pesanti contraddizioni che la chiesa deve ancora ragionevolmente spiegare e al primo l’inadeguatezza dell’insegnamento. Si legherà a un ragazzo handicappato, deriso dagli altri compagni, che svilupperà con Veniamin un rapporto di sudditanza. Veniamin, nel nome del Signore e nel suo conseguente delirio di onnipotenza, crederà addirittura di potergli restituire la sanità di una gamba storpiata da una maldestra amniocentesi. La gestione dei versetti e dei messaggi delle scritture sacre vengono introiettate da Veniamin con tutta la passione acerba dell’adolescenza e con l'inevitabile ottusità che presto si trasformerà in interpretazioni integraliste, fino a diventare, egli stesso, una minaccia mortale. E’ un grido di allarme per i nostri ragazzi che non hanno più una sponda credibile e sana per intraprendere il loro cammino verso l’età adulta. E’ in discussione la famiglia, qui monoparentale, con la madre costretta a esercitare tre lavori per garantire una dignitosa sopravvivenza al suo nucleo. E’ una donna che trascorre molto tempo fuori casa, troppo, probabilmente, e si tratta di quel tempo sottratto alla cura dei figli. E’ in discussione la scuola, inadeguata nei modi, nei tempi, anacronista e incapace di pianificare azioni formative; è in discussione la religione, qui impersonificata da un prelato paffuto e superficiale, che non prova nemmeno a rispondere alle accuse e ai dubbi di Veniamin, tantomeno al suo disagio, limitandosi solo a dispensare improvvide e immateriali benedizioni. I ragazzi cercano un mondo pieno di valori: quello che stiamo lasciando loro è inadatto, troppo arido per rispondere alle loro necessità. Succede che inciampano, come Veniamin, in percorsi perversi e dove, nonostante l’innocenza, non si può far appello alla retroattività del tempo.