Come saranno le commedie (all’italiana) del terzo millennio? La tradizione è tra le più forti del panorama cinematografico internazionale: in Italia si è riso parecchio, con cast di prim’ordine, mostri sacri del grande schermo che non hanno però lasciato eredi. Anche perché, ridere, oggi, è assolutamente diverso. Marcello Macchia, al secolo Maccio Capatonda, è uno di quelli che più di altri è riuscito a captare e interpretare il nuovo umorismo, splatterando in pellicola quello che succede praticamente tutti i giorni, un inanellarsi di fatti e misfatti quasi sempre criminali e criminosi così efferati che, per abitudine e sindrome di Stoccolma, abbiamo finito per innamorarcene e che sono i termini di Omicidio all'italiana.

Piero e Marino Peluria (Maccio Capatonda e Luigi Luciano) sono, rispettivamente, oltre che due scemi matricolati, sindaco e vicesindaco di Acitrullo, un paesino di sedici anime (età media, 68 anni) nel bel mezzo delle asperità abruzzesi, dove non succede mai un cazzo. Da sempre. L’improvvisa morte della contessa Ugalda Martiro in Cazzati induce i due primi cittadini dell’anonimo caseggiato a inscenare un omicidio che sembrerebbe non esserci stato, cercando così di trasformare quel borgo anonimo e dimenticato in una ridente località di truculenta passione noir, capace, proprio come Cogne, Novi Ligure, Avetarna (posti altrettanto inesistenti, se non per cruenti nefandezze), di attirare la morbosa ingerenza della popolazione italiana e dei suoi cronisti, assetati, entrambi, di dolore altrui per stigmatizzare la propria inconsistenza. Piomba sulla scena la polizia, naturalmente, disinteressata a far luce sulla vicenda, soprattutto perché preoccupata di ritagliarsi un angolo negli studi televisivi di Chi l’acciso, il truculento rotocalco settimanale condotto da Donatella Spruzzone (Sabrina Ferilli) che arriva addirittura prima degli inquirenti sul luogo del misfatto. Solo Gianna Pertinente (Roberta Mattei, dal teatro al cinema, e viceversa, con disinvoltura e senza soluzione di continuità), la poliziotta da poco promossa di grado, sembra non essere attratta dalla notorietà e da piccola Clouseau conduce, quasi personalmente, le sue indagini, quelle che la porteranno a scoprire, davvero, la verità, offerta con un finale degno delle raccolte di Edgar Allan Poe. Gli ingredienti ci sono tutti: basta solo aspettare, ora, che il regista e lo sceneggiatore assottiglino le proprie capacità e dal prossimo film, siamo sicuri, i sorrisi che ci hanno accompagnato, senza mai lasciarci, in questa pellicola, si trasformeranno in risate grasse, quelle da lacrime agli occhi. Il materiale, tanto, resterà a disposizione di tutti ancora per molto tempo, siamo tristemente convinti: il crimine persisterà, perfezionandosi in violenza e crudeltà e la popolazione andrà ulteriormente deteriorandosi, inacapace di elevarsi e narcotizzata da una programmazione televisiva fatiscente, maleodorante e senza via di scampo. Maccio Capatonda, proprio come il sindaco Piero Peluria, ha solo l’imbarazzo della scelta per stabilire con cosa fregarsi le mani per mettere in piedi il prossimo film.

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