di Marcello Bugiani

PISTOIA. Pronto!

Sergio rispose un po’ svogliatamente al telefono. La chiamata arrivava da un collega della Volante mandato a pattugliare le strade; dal Prefetto erano arrivate disposizioni precise per i controlli sugli spostamenti pasquali, nessuno doveva raggiungere case al mare, prati per un picnic, boschi o laghi ameni di montagna. Tutti in casa! questo il diktat governativo.

Scusa Sergio, non volevo disturbarti, ma abbiamo fermato un anziano un po’ squinternato, a Capostrada, dice di essere lontano da casa, è in ciabatte, sta farfugliando cose sull’Autocertificazione, non ha documenti… ha detto che ti conosce, potresti venire? Altrimenti ci tocca portarlo in Centrale.

Arrivo.

Sergio sbuffò, ma un vago sospetto su chi fosse l’anziano squinternato presto s’impadronì di lui. Passato il primo morso di fastidio, sentì crescere dentro di sé un vago tepore di curiosità. Da giorni ormai aveva perso interesse per persone e cose, nelle ultime settimane gli sembrava di aver vissuto costantemente con la testa sott’acqua, ma questa volta, pensò, ci sarebbe stato da divertirsi. In più avrebbe avuto modo di scambiare due parole con un essere umano, probabilmente una vecchia conoscenza.

In cinque minuti raggiunse i colleghi a Capostrada ed ebbe la conferma che non si era sbagliato, si trattava del sospettato principale, A.B., un arzillo ottantenne che Sergio aveva conosciuto tanti anni fa in un Bar frequentato da giocatori di carte. Come tutti i giocatori seriali, A.B. sosteneva di essere il numero uno, ma a differenza di tutti gli altri che tentavano di portare elementi oggettivi a sostegno del loro primato, tipo numero di partite vinte in rapporto a quelle giocate (con un curioso quanto anomalo effetto statistico, ovvero TUTTI i giocatori del Bar dichiaravano percentuali di vittoria superiori al 98%) lui, A.B., si definiva il migliore e basta, permettendosi di dare dell’idiota all’universo mondo, in particolare a coloro che si intestardivano a contestare la sua indiscutibile supremazia. Erano passati alcuni anni dall’ultima volta che Sergio lo aveva incrociato, sempre per questioni di lavoro (allora si era trattato di un fermo stradale a notte fonda, niente patente, assicurazione scaduta, sospetto di eccesso di alcol nel sangue) e anche stavolta, come allora, A.B. non si presentava benissimo. Aveva indosso una tuta piuttosto logora e cadente, masticava un sigaro spento mentre questionava con i due Agenti; ai piedi portava delle ciabatte da piscina che andavano di gran moda negli anni ottanta, quelle di plasticona azzurra con la fascia orizzontale. Dalla ciabatta destra spuntava un’unghia incarnita, i piedi visibilmente gonfi, era sinceramente difficile comprendere come una persona di quella corporatura potesse stare in equilibrio, addirittura camminare, con quelle estremità così conciate.

Oh Serginoesordi A.B. non appena vide scendere l’amico dall’auto - glielo vuoi spiegare tu che io se autodichiaro, loro non devono aggiungere nulla a quanto io asserisco, perché son io che certifico, che c’entran loro, vogliono controfirmare.

Sì tranquilli, lo conosco io, adesso si guarda di sistemare la cosa alla svelta si affrettò a dire Sergio vedendo le facce piuttosto incazzate dei colleghi.

Bravo Sergio – riprese A.B. - la colpa non è mica vostra; vi mandano in giro a fare i controlli, ma ‘un sapete nulla di decreti, autocertificazioni, motivi di necessità.

Oh, si calmi eh? - partì piuttosto nervoso l’altro Agente, che se fosse stato per lui a Sergio non si telefonava, e si risolveva la cosa in modo più spiccio – si ricordi che sta girando senza documenti, lontano da casa e, soprattutto, senza un valido motivo!

Guardi che un motivo ce l’ho – riprese stavolta con perfetta calma A.B., contento di aver alimentato un po’ di agitazione nei tutori dell’ordine.

E sentiamo di che motivo si tratta si affrettò ad aggiungere Sergio, consapevole dell’attimo fuggente da cogliere prima che la discussione degenerasse.

Sto andando a trovare Carletto, ti ricordi, veniva al Bar anche lui, perdeva regolarmente a tutti i giochi. Non è messo bene, ha qualche anno più di me, ormai non cammina più, è rimasto solo, come me…. Si chiacchiera, gli do dell’imbecille, come del resto ho fatto sempre da quando ci si conosce, e son più di settant’anni ormai…, ogni tanto si fa una partitina, qualche volta lo faccio vincere, sennò s’incazza, mi comincia a chiamare comunista, io gli do del fascista e ‘un si finisce più… Oh Sergio, pensi che non possa certificare su quelle autodichiarazioni del cazzo, che si tratta di un motivo di necessità?

Sergio spostò lo sguardo sui colleghi, ma loro fecero un breve cenno con il capo che stava a significare fai tu, sei tu che lo conosci, a noi che c’importa di questo rimbambito!

Hai perfettamente ragione – disse allora Sergio, rivolto all’anziano – credo che il motivo possa definirsi di estrema necessità e possa reggere assai più delle mille cazzate che in questi quaranta giorni ho visto autocertificare. Anzi, posso darti un passaggio così da Carletto ci arriviamo in due minuti?

Grazie Sergio – rispose A.B. - ma preferisco camminare ancora un po’, magari incrocio qualcun altro che conosco, faccio due chiacchiere, chissà, in ogni caso mi voglio tenere addosso ancora un po’ di senso di libertà.

Come vuoi, ricordati di salutare Carletto da parte mia e magari ricordati anche di portare dietro uno straccio di documento le prossime volte concluse Sergio, consapevole di quanto fosse inutile quell’ultima raccomandazione. E così lo vide riprendere il cammino, con il passo sbilenco che sforzava pesantemente la ciabatta. Sergio si chiese mentalmente quanto avrebbero retto ancora quei pezzi di modernariato, ma, d’altra parte, tenevan duro dagli anni ottanta…

Buona Pasqua

N.d.A.: Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale

 

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