di Rossana Lo Moro

ROMA. Raccontare i pensieri di questo periodo fa correre il rischio di tirar fuori prevalentemente ansia e preoccupazione per quello che sta succedendo e che potrebbe succedere, ma in questo spazio voglio raccontare il mio bicchiere mezzo pieno. Ebbene, rimanere forzatamente a casa, all'inizio, mi ha fatto piacere; avrei finalmente potuto dedicarmi a tutte quelle attività, casalinghe e non, per le quali non ho mai tempo. Ma poi, pensando che ne avrei avuto molto a disposizione, ho iniziato a rimandare e ogni giorno è diventato più lento. Hanno trovato sempre più spazio e tempo la meditazione, la riflessione e anche la preghiera. Una riflessione, magari un po' scontata, è che siamo stati privati di vivere liberamente un lasso di tempo della nostra vita che ovviamente non ritornerà e la cosa mi dava molto fastidio, soprattutto pensando ai miei figli, adolescenti pieni di impegni, interessi e amicizie da vivere. Poi ho rivisto nella loro nuova quotidianità l'adolescenza mia e dei miei coetanei, quando la parola d'ordine era prima il dovere e poi il piacere, quando l'impegno principe assoluto era lo studio, quando i passatempi erano la lettura o stare con i fratelli e le sorelle a inventare svaghi, quando uscire con gli amici era un evento straordinario che si verificava soltanto dopo aver espletato tutti gli obblighi di studio e casalinghi e soltanto se i genitori davano il consenso.

Lo sport veniva praticato da pochi nelle palestre; si faceva ginnastica andando nei giardini comunali, era lì che si giocava a pallone, con la corda, con gli elastici, a campana, a mondo, si beveva alla fontanella, si compravano i bruscolini e le fusaie da dividere con gli altri della compagnia e quando avveniva la conquista di nuovi confini ci sentivamo Marco Polo. E allora riaffiorano odori, colori, sensazioni e a volte anche un po' di malinconia per qualcosa che non c'è più. E prende piede anche la convinzione che i nostri figli adolescenti ce la faranno, esattamente come abbiamo fatto noi. Per loro l'isolamento sociale che stiamo vivendo avrà una scadenza; per molti di noi, da adolescenti, è stata una regola di vita. Non so quanto si farà tesoro di questo periodo e di questa esperienza, ma mi piace pensare che, forse, nel dopo, tutto verrà apprezzato in maniera diversa, genitori antichi compresi. 

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