di Luna Badawi
PRATO. Nulla è di per sé veleno, tutto è di per sé veleno, è la dose che fa il veleno. Diceva Paracelso. Ed aveva del tutto ragione. Ma, quando la complicità diventa veleno? In una società paradossale, dove la corruzione si normalizza, l’intelletto è sottovalutato e utilizzato per fini malvagi, ma soprattutto in un mondo dove pervade l’indifferenza e nessuno si schiera per la giustizia. Si è complici con l’azione e senza. Si è complici con la consapevolezza e l’acquiescenza. Si è complici con l’intelletto e con l’ignoranza. Si è complici con la parola e con il silenzio, con l’indifferenza e con il riguardo. Si è sempre complici quando si è a conoscenza. E sì, è veleno quando si è complici, egoisti e impassibili di fronte al bene altrui. Chissà se siamo complici anche con la morte. Si chiede Cop, uno dei protagonisti di quest’opera distopica, che parla di una società ammalata senza speranza di guarigione, dove tutti sono coinvolti e nessuno è disposto ad agire con morale. Lo stesso Cop, unico inseguitore della giustizia, cede alla complicità. Il poliziotto che segue senza sosta Boss, un anziano capomafia, che ha alle sue dipendenze Doc, uno scienziato famoso che la crisi economica ha buttato sul lastrico e che a grazie alle circostanze è riuscito a costruire una macchina per dissolvere i cadaveri.
Il delitto perfetto è diventato una possibilità reale, dice Doc, il complice per eccellenza di questa storia, ma complice metaforico di una scienza vilipesa e infetta. Un intelletto che con l’avvicendarsi di diversi personaggi e storie non fa altro che passare da un comando a un altro. Senza partito e senza appartenenza, cos’è un uomo senza principi? Un complice adatto ad una macchina criminale perfetta. Un testo noir, Il complice, che lo stesso scrittore, Friedrich Dürrenmatt, definisce come allegoria di una società grottesca, dove la violenza e la sopraffazione finalizzate soltanto all’acquisizione di denaro e potere portano inevitabilmente a un mondo che non riesce a sottrarsi alla complicità mafiosa. Una trama stravagante ma riflessiva, che va in scena al Teatro Metastasio a Prato (si replica stasera, alle 19 e domani, 24 aprile, nel pomeriggio), grazie alla regia e alla partecipazione teatrale di Renato Carpentieri e di bravissimi attori come Salvatore D’Onofrio, Giovanni Moschella, Antonio Elia, Francesco Ruotolo, Pasquale Aprile e Valeria Luchetti, che in veste di Ann rappresenta l’unica entità femminile vista solo come un corpo. Una passera come la chiama Boss. Una povera amante ammaliata dalla ricchezza. Una mantenuta che senza farsi domande viene masticata e poi sputata dagli affari loschi. Un quadro struggente di una società vacua e riempita di indifferenza. La nostra.