GLI ESULI festeggiano: sono convinti che d’ora in avanti, a Cuba, andrà meglio. Sì, perché ora, a Cuba, dopo la morte di Fidel (scoccata stanotte, a novant'anni), del Comandante, tanto lentamente quanto inesorabilmente, arriverà la democrazia, ma quella con la d minuscola, naturalmente. Che sarà quella che la piccola isola felice importerà dai limitrofi Stati Uniti, dove senza soldi non si è nessuno e con i dollari, si può tutto. A noi invece, la morte di Fidel Castro ci addolora, molto, in modo quasi inconsolabile.

Storicamente e politicamente, naturalmente: nessuno è e può essere eterno; nemmeno lui, che è riuscito a sopravvivere e far sopravvivere il suo popolo felice nonostante settant’anni di embargo capitalista, un veto che ha lasciato Cuba e i cubani senza viveri, scorte, ricambi, ma che non è comunque riuscito a demolire la forza di un popolo che nonostante tutto si è sistematicamente attestato ai vertici del servizio sanitario e dell’istruzione mondiale. Ora, a Cuba, lentamente, ma inesorabilmente, arriveranno gli americani: le scuole diventeranno parificate, come l’assistenza sanitaria, che si privatizzerà; gli stipendi saranno pagati in dollari e i cubani potranno finalmente permettersi il lusso di vivere occidentalmente, con la convinzione di aver finalmente importato la felicità; e le cubane, ma solo quelle più belle, potranno finalmente varcare il confine e andare a offrire sollievo ai facoltosi statunitensi, senza doversi accontentare, in cambio della loro contagiosa bellezza, di un sorriso, un paio di jeans o una cena in un ristorante. Guantanamo diventerà un centro di reclusione-modello e Cayo Largo la spiaggia dei Vip; Fidel sarà immortalato come suo fratello Ernesto sulle magliette, sui gadgets, sui manifesti e lentamente, del comunismo, a Cuba, non si sentirà più quell’odore, inconfondibile, di povertà, miseria, dignità, uguaglianza e felicità. Addio Fidel, ci mancherai: troppo.

Pin It