PERUGIA. Cortesia e gentilezza si sposano, quasi sistematicamente, in ogni albergo del Mondo. Anche qui, al Giò Hotel di Perugia, il personale si allinea al minimo comune multiplo globale. Infatti non è del personale che vogliamo parlarvi, ma della struttura (abbiamo già pagato, non sono salamelecchi). Un albergo d’artisti, voluto – mi dicono dalla reception – dai titolari, amanti, indefessi, del vino, del jazz e della cioccolata. Per la cioccolata bisogna pernottare altrove, sempre qui a Perugia; per il vino e il jazz, siamo dove dovremmo essere.

Il caso ha voluto e ci ha destinato nell’ala rossa, quella di Bacco, ma per arrivarci, per chi come noi è la prima volta che ci viene, occorre necessariamente passare dal corridoio dell’albergo, che collega l’ala originaria sorta negli anni ’90, con quella successiva, nata più recentemente, una decina di anni fa. Un tunnel che collega l’ala musicale con quella alcolica, nel quale il mondo delle note prende il sopravvento, con tanto di divani, gre, due fucsia e uno verde acqua, dai quali, comodi, si osservano tre video di musica jazz, che scorrono, incessantemente, per la gioia dei clienti. Il pavimento è la tastiera di un pianoforte e il calore dell’albergo, in quel corridoio, è fortemente amplificato. La voglia di trascorrere lì, la notte, è grande, ma conviene andare in camera: spaziosa, arredata con il gusto di chi ama perdere tempo nei dettagli, per non parlare dei numerosi optionals offerti dalla struttura: palestra, piscina e, ovviamente, wine area, l'amngolo delle degustazioni. Tutto, a cinque minuti a piedi dalla stazione centrale, la seconda da ovunque si venga (Perugia ne ha tre), anche se il breve tratto soffre una pendenza notevole, sconsigliata a chi è sovrappeso. La città, il cuore della città – di una bellezza antica, ma non aspettavate certo noi, per saperlo – dista 1.200 metri, una passeggiata, certo, ma anche questa in versione cronoscalata. A poche centinaia di metri dall’albergo, però, c’è il minimetro: una bidonvia che porta fino in città, un flusso ininterrotto di piccole navicelle, otto posti a sedere e buona parte in piedi, fino alle 2 di notte, con un passaggio ogni cdue, tre minuti (1,50 a corsa), elettriche, senza conducente, con un sistema geniale di inversione di marcia. Insomma, un albergo europeo in una città europea; l’incredibile è che siamo in Italia!

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