QUANDO si cade prigionieri, bisogna accettare le regole dei vincitori, soprattutto quando non si è disposti, stoicamente, a cedere un passo e ancor di più quando chi vince, decide di risparmiarti. Specie in guerra. Lei in particolare, Barbara Balzerani, che la guerra ha finto di farla (ma i morti son tutti veri) e, condannata all’ergastolo, si è ritrovata fuori dalle galere, a chiacchierare, con un discutibilissimo senso dell'ironia, sulle piattaforme sociali. Non ci indigna il tono goliardico che Lei ha usato per festeggiare il quarantennale della mattanza di via Fani, quanto la sua colpevole e imperdonabile chirurgica superficialità storicista. Gli atti dicono che la mattina del 16 marzo del 1978 lei non sparò, vero (lo ha fatto in altre circostanze, in compenso e mai contro un nemico del proletariato), ma in qualità di dirigente della colonna romana delle Br, sul sequestro Moro, qualcosa di importante lo avrà deciso. Invece di chiedere asilo per come rievocare i fasti di quell’impresa, Sara, farebbe meglio a raccontare, almeno ai compagni di Lotta Continua prima e di Autonomia Operaia poi (ce ne sono ancora molti, in giro e tutti portano indelebilmente i segni della sconfitta), come andarono veramente le cose tra voi brigatisti, soprattutto dopo quel famoso 8 settembre 1974, quando a Pinerolo la Polizia arrestò Renato Curcio, ma non Mario Moretti, avvertito non si sa ancora da chi dell’imboscata. Potrebbe farlo, Sara, perché a differenza dei servizi segreti, i compagni di Lotta Continua prima e di Autonomia Operaia poi non lo hanno ancora saputo. Ma potrebbe farlo anche in virtù delle 69 candeline che proprio oggi, 16 gennaio, avrà spento, Sara, assieme ad altri miracolati come Lei, responsabili di aver mutilato la felicità di decine di famiglie e di aver irreparabilmente compromesso la Rivoluzione. O altrimenti, potrebbe anche scegliere di tacere, Sara, che forse sarebbe la miglior cosa, soprattutto perché ormai è tardi.

Pin It