IL FESTIVAL blues di Pistoia si avvia al mezzo secolo di vita (a patto che smettiate di rompere i coglioni); quello Beat di Empoli sta consumando il suo quarto appuntamento. In piazza del Duomo, a Pistoia, eccezion fatta che per Eric Clapton e Bruce Springsteen (Slowhand è sempre stato esoso; per il Boss siamo involontariamente responsabili) sono passati, indistintamente, tutti gli artisti che in un modo o in un altro hanno fatto i conti con il Blues. Dal parco di Serravalle di Empoli (che potrebbe ospitare un concerto di Vasco Rossi, con tanto di campeggio), per longeva che potrà essere la manifestazione, non ne transiterà nemmeno un microcosmo. Dietro i due eventi ci sono le stesse persone: Giovanni Tafuro e la sua indomita dinastia. Con una differenza sostanziale e al tempo stesso florida per il Comune della provincia di Firenze e lugubre per la città delle piante: a Empoli, a Tafuro, fanno ponti d’oro; a Pistoia, d’argilla, nell’augurio che sia uno di quelli progettati da Morandi. Prudenza. Perché se Pistoia dovesse perdere il suo appuntamento cosmico con l’arte e dovendo aspettare all’incirca un secolo per rivederla, casomai stavolta con merito e a pieno titolo, nominata capitale della Cultura, questa città si ridurrebbe, come qualcuno si augura, a perfetta macchina di sola distribuzione alimentare. Non siamo vegetariani, men che mai vegani; ma ci si sfama anche con una fetta di pane e un pomodoro strusciato sopra. Per saziare lo spirito, invece, ci vuol ben altro e il Festival Blues, per l'appetito di Pistoia, è un ingrediente indispensabile!