di Francesca Infante

NON CI RENDIAMO conto di quanto abbiamo bisogno di essere inseriti nella società finché non ci tolgono i rapporti umani. E come tutte le cose che non puoi avere, ti mancano e ne senti un bisogno costante. È entrato in vigore, stanotte, un decreto che riporta l'Italia ad uno stato assimilabile a quello del 1942, una quarantena forzata, che limita ogni rapporto con il mondo esterno e, soprattutto, con le persone. E se prendete in mano un po' di pazienza e lo leggete, quello che è stato pubblicato sul Gazzettino Ufficiale, riuscirete a decifrare che ogni spostamento sarà monitorato, sarà applicato quello che in realtà è un coprifuoco, per bar e ristoranti, che obbliga la chiusura alle 18. Non sarà possibile lasciare il proprio comune di residenza, se non, ad esempio, per questioni lavorative, che dovranno essere certificate per iscritto dal proprio datore di lavoro, o sanitarie e molte altre accortezze, che nostro malgrado dobbiamo seguire per evitare la diffusione spropositata di questo virus, che ancora ci appare ignoto.

In questo clima claustrofobico, dove infermieri e dottori sono stremati dai turni inumani che sono costretti a fare per sopperire a questa emergenza, quello che davvero colpisce è come ci è difficoltoso cambiare, non solo le nostre abitudini che ci rendiamo conto essere quasi sacre, ma anche i nostri schemi mentali radicalizzati. Se entrate in un bar, vi accoglieranno dei separatori per terra, che sono lì a ricordare quel famoso metro di distanza, ma vi renderete conto, molto in fretta, che non riuscirete a rispettare facilmente quel limite che vi viene imposto, perché la normalità supera ogni cosa. E lì, nel vostro quadrato di sicurezza, vi accorgerete di quante cose avete sempre fatto, senza dargli importanza, e che ora vi sembrano essenziali alla vostra stessa persona. E tutto vi sembrerà claustrofobico. Sentirete la mancanza di quello che prima odiavate, come alzarsi il lunedì mattina, e andare a lavoro. Vi mancherà fare il vostro lavoro, quel ritmo delle cose banali che scandiva le vostre giornate, e che vi sembrava un sistema intrappolante, adesso si rivelerà una libertà violata, e tutto sarà sistematicamente opposto a come lo avete sempre visto. Vi mancherà la calca al supermercato, nei locali, la fila al cinema o al bar. Vi mancherà anche la persona che per sbaglio vi spintonava, in quella specie di contatto umano, che adesso viene evitato, nella più totale paura del prossimo. E questo vale per ogni rapporto che non potete avere, con amici, familiari, fidanzati, che non rientrano nel vostro comune di residenza, e che, fino al 3 aprile (per ora), non potrete vedere. La facilità con cui davate per scontato il contatto con le persone a voi vicine vi mancherà, e sarà ovvia la potenza dei legami, che prima erano schematizzati in voi. Vi mancherà andare al cinema, a teatro, a cena o a fare un aperitivo fuori, e ne sentirete il bisogno perché le mura di casa vostra saranno sempre più strette. O tutte le persone lontane dalla propria casa, che hanno il solo desiderio di ritornarci, perché la sicurezza delle mura dove sei cresciuto fa passare la paura di rimanere soli, in questo stato di ansia perenne. E vi mancherà vedere il viso delle persone, adesso nascosto da mascherine. Vi mancherà la vostra normalità, a cui prima non davate un senso e che adesso vi sembrerà la cosa più importante di tutte. E dovremmo ricordarcelo, anche dopo la fine di questa emergenza.

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