PISTOIA. Saremmo mai potuti mancare a un concerto di omaggi, dediche, genuflessioni che si è chiuso sulle note di A me me piace ‘o blues? D’accordo, l’esibizione non è finita lì, perché poi, richiamati a gran voce dal pubblico del Chiostro della Fondazione Luigi Tronci, Albano Castrese (contrabbasso), Gennaro Scarpato (percussioni, batteria, armonica, voce) e Meme Lucarelli (chitarra e voce), la Statt’zitte band, si è dovuta facilmente e piacevolmente cimentare in due bis, sempre targati Napoli: Enzo Avitabile prima e ancora Pino Daniele, fino alla fine. In un altro dei soliti, gradevolissimi, giovedì della Ufip, il vecchio Luigi Tronci si è fatto trovare presente, con il suo solito, impagabile, immarciscibile entusiasmo, allestendo, all’ombra, seppur notturna, della secolare magnolia che campeggia nel giardino, un’altra esibizione esemplare, offerta da tre grandi professionisti. Lo hanno annunciato, che avrebbero rispolverato, in largo e in lungo, la canzone d’autore italiana, con qualche piccola gemma, quasi sempre solo strumentale, di alcuni brani oltre i confini; sono stati di parola, con tutta la fantasia sonora che li contraddistingue: da Lucio Battisti a Francesco De Gregori, con arrangiamenti, a volte davvero audaci, di Carosone, Fabio Concato, i Pink Floyd in salsa reggae,

un Michael Jackson che si sono azzardati a riprodurre solo sonoramente (cantarlo, occorrerebbe resuscitarlo), con tanto di auguri per il suo 74esimo compleanno a Edoardo Bennato (domenica prossima in concerto in piazza del Duomo per una delle tappe di Blues Around) fino a Sting, con una Donna cannone inimmaginabilmente rap, senza alcuna pretesa, ma con tutta la professionale creatività che contraddistingue, da sempre, il sound dei tre strumentisti, appassionati jazz, bluespentiti, imperterriti funk, professionisti del suono capaci di spaziare lungo l’intero versante musicale. Lo hanno fatto anche ieri sera, nonostante in città, in onore della festa rossa dell’Avis, si suonasse un po’ ovunque. Occorrerebbe,. a tal proposito, fare un po’ d’ordine, negli uffici della cultura di questa città, cercando, ad esempio, di spalmare gli eventi su più serate, così come sarebbe davvero il caso di dare a Luigi Tronci quel che è di Luigi Tronci: il riconoscimento testamentario di una ditta artigianale, la Ufip che continua a far circolare nel mondo delle percussioni, così come succede da secoli, i suoi piatti. Basterebbe, senza grandi cerimoniali, che la città si accollasse almeno gli oneri (gli onori se li è sempre clandestinamente presi) di quell’angolo di pace e cultura che è il Chiostro della Fondazione, regalando al suo vate, Luigi Tronci, artigiano del suono conosciuto e stimato nell'Universo, una meritata e indispensabile passerella sulla via del tramonto.

Pin It