PISTOIA. Sul palco, dopo l’intro, sarebbe potuto cadere il telo sul quale, negli altri giorni, in piazza del Duomo formato Blues Around, al posto dei concerti vanno in onda le proiezioni dei films. Lo diciamo non certo a mo’ di pietoso velo, ma esattamente al contrario. La sesta e ultima serata pistoiese del Festival BluesCoronaVirus ha dato un arrivederci, ci auguriamo davvero diverso, al 2021, con il concerto dei Calibro 35, formazione jazid ad alto contenuto musicale che ha sonoramente spiazzato i vecchi intransigenti bluesaroli anni ’80 e la new generation di imberbi e imbelli cresciuti con i dj. Sì, perché la band, attiva da oltre due lustri con un trascorso internazionale da brividi, che si avvale di quattro nobili strumentisti (Enrico Gabrielli, tastiere e fiati; Massimo Martellotta, chitarra; Fabio Rondanini alla batteria e Luca Cavina al basso, tutti sotto l’occhio vigile del produttore Tommaso Colliva) di eterogenea provenienza, hanno ulteriormente stregato piazza del Duomo, che è davvero la piazza dei Miracoli Blues, con un set musicale che si sarebbe dovuto seguire a occhi chiusi, provando a indovinare cosa, sull’immaginario telone calato sul palco, si stesse proiettando durante l’intonazione sonora.

La memoria, ma non solo la nostra, sensibile e prolifica, ma anche quella collettiva, abitualmente stitica e viva solo dietro poderosa e stupefacente sollecitazione, ha riportato chiunque fosse ieri, 6 agosto, in piazza a Pistoia, negli anni ’70, i tempi dove al cinema, (35 millimetri) imperversavano le pellicole piene di Calibro, con commissari impavidi e gangster che prima della fine, nel sacco, ci finivano per forza. Ma non solo, perché quegli anni e quella musica, ha anche accompagnato i primi sogni erotici adolescenziali della generazione cresciuta a sogni e pippe con Ursula Andress, Edwige Fenech e senza dimenticare le femmine più conturbanti di quella generazione, Carmen Villani e Nadia Cassini. La musica dei Calibro 35 è la colonna sonora di quelle stagioni, fedelmente fotografate dalle pellicole di quegli anni, anni nei quali, però, soprattutto in musica, succedeva qualcosa di irripetibile, con la nascita di gruppi, supergruppi e orchestre che disfacevano del tutto i rigori stilistici che avevano sorretto e classificato tutto fino a quei giorni. I Calibro 35, che vantano, singolarmente, onorevoli trascorsi pop e di musica d’autore sono, in realtà, quattro strumentisti che, ogni tanto, lontano dalle tournée che li ingabbiano in repertori di tutto valore, ma con pochissimi margini extrapalinsesto, si dilettano a concentrarsi e liberarsi in quello di cui la musica ha insegnato loro: sognare. L’onirismo della musica dei Calibro 35, infatti, va ben oltre gli inevitabili riferimenti e apparentamenti cinematografici, così come non ci si può incaponire con le altrettanto inevitabili turbe erotiche della giovinezza maschile; il dato timbrico più evidente, anche lontano da qualsiasi riferimento organico e disorganico, è dettato dallo studio appassionato, divertito e meticoloso che i quattro ragazzi han fatto ai tempi delle loro singole rispettive conformazioni sonore e che si concentrano sull’ascolto, ossessivo di gruppi statunitensi che hanno fatto la fortuna, fino a crearne un marchio, di una stagione telefilmica televisiva. In quella piazza poi, piazza del Duomo, che è stata, è e resterà, ovunque si posizioni il palco e chiunque ci si faccia accomodare per esibirsi, un evento meraviglioso di musica, di storia, d’arte, una scommessa accettata quarant’anni fa e vinta, puntualmente, ogni anno a luglio, anche in questo, condizionato e spaventato.

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