ALTOPASCIO (LU). Rendere onore e merito a Mina (una delle interpreti migliori di tutti i tempi, anche e soprattutto di quelli che verranno) equivale a omaggiare tutti gli autori che una delle signore più imponenti della canzone ha deciso di rileggere; a modo suo, unico, inimitabile. Circoscrivere un atto d’amore live nello spazio di un’ora e mezzo vuol dire rinunciare a un magma imprecisato di interpretazioni inquantificabile. Ma Chiara Galeotti, eminenza apuana del diaframma, ha scelto, come struttura ossea, estetica e di portamento impone, più che suggerisce, la prima stagione, quella di Canzonissima e della Bussola, tanto per capire, quella nella quale Mina incantò il mondo. Un fascino così smisurato che le ha consentito, in modo parecchio discutibile, di venire via dalle scene e rinchiudersi (da oltre quarant’anni, senza mai uno strappo alla regola) in sala di registrazione, dove ha vilipeso e glorificato non solo mostri sacri e prestigiatori, ma anche i menù dei ristoranti. Per questa carrellata di Mina inimmaginabilmente chiusa in un eremo dorato elvetico, Chiara Galeotti (che sfoggia su un carnato, tanto cereo quanto possente e nobile, un solo innocentissimo tatuaggio sul polso interno del braccio destro, inezia che le precluderebbe il concorso nelle forze dell’ordine),

sul palco di poco rialzato in piazza Ricasoli, ad Altopascio, per una delle tre serate di Rassegna d’estate, nella campagna che congiunge Lucca con le province di Pisa, Pistoia e Firenze, ha scelto quattro strumentisti che si adattano, puntualmente, al suo rigore, anch’essi in total black, come la loro bandleader: Alessio Mallegni al basso, Stefano Leonardi al piano, Lorenzo Pitanti alla chitarra e Jonathan Tenerini alla batteria (piatti Ufip, a ennesima conferma dell’internazionalità di Luigi Tronci), anche loro, oltre che meticolosi e seri, liberi da orpelli decorativi disegnati lungo il corpo. Il pubblico, per un concerto gratuito alla viglia di Ferragosto in una piazza nobile e signorile di un paese di panai ridisegnato dall’industria, non poteva che essere quello che c’era, con l’eccezione di qualche amministratore presente più per doveri istituzionali che per passione, probabilmente. Chiara Galeotti, però, non ha passato ai raggi ics gli spettatori e ha intonato, con puntualità, precisione, rigore sonoro e sintattico, quel pezzo del repertorio di Mina legato, soprattutto, ai suoi esordi, quelli della televisione in bianco e nero, dove le vallette di quei tempi, oltre che presentarsi vestite al cospetto delle telecamere, avevano puntualmente qualcosa da dire, cantare, raccontare, recitare. Una serata particolarmente elegante, come la protagonista assoldata per allestirla, del resto, movimentata dalle danze caraibiche inosservate di una bambina di colore che vive, con la propria famiglia, proprio lì, in piazza Ricasoli, e che mentre Chiara Galeotti omaggiava Mina, lei sognava un palco tutto suo, dove poter far vedere al mondo come balla bene. La mamma, la sua mamma, ad un certo punto, l’ha riportata alla realtà, portandole, da casa, una bambola, che la piccola antilope ha stretto a sé, dimenticando le luci del palco. Al termine del concerto, il quintetto ha aspettato, con la classe che ne ha contraddistinto l’esibizione, di essere richiamato a esibirsi ancora dal tanto scontato bis, che però non è arrivato. Fa lo stesso, avran pensato: è stata, comunque, una bella serata.  

Pin It