PISTOIA. La musica torna lentamente a rioccupare gli spazi più consoni, i suoi spazi: i palcoscenici. Perché la musica, come l’arte nel senso più etereo e nobile del termine, non può fare a meno di interfacciarsi con il pubblico, al quale offre tutta se stessa; in cambio dei verdetti: applausi o fischi. Certo, ci sono anche le vie di mezzo, ma non è stato il caso di ieri sera, quando alla Fortezza Santa Barbara di Pistoia, anziché a Serravalle, dove l’idea è nata (Maurizio Tuci) e consolidata (Maurizio Tuci) nel tempo, è stato consegnato il Premio Sellani (pianista delizioso). La giuria, composta rigorosamente da addetti ai lavori, per questa edizione virale ha deciso di consegnare il premio (un pianoforte in miniatura, ma pesantissimo, che Stefania Scarinzi, dopo aver deliziato il pubblico con la sua voce anglobrasiliana, ha sorretto a fatica prima della consegna) a Fabrizio Bosso e alla sua tromba, con la quale lo straordinario musicista torinese interagisce nel più profondo dell’intimità, facendo diventare lo strumento un prolungamento della sua anima, più che del suo diaframma. La cosa, quando duetta con il professor Nico Gori diventa semplicemente sublime.

Il 47enne jazzista piemontese è salito sul palco del giardino così delittuosamente poco sfruttato di Pistoia a metà concerto; a introdurlo, dopo le premesse del Direttore dell’Atp, Gianfranco Gagliardi e quelle di Ezio Menchi, buon chitarrista, indomito politologo, fonte preziosa e attendibile della musica e ora rappresentante della Fondazione della cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, sono stati proprio i suoi colleghi che fino al suo arrivo, con ritrovata naturalezza dopo quattro mesi di infausta quarantena, avevano già incantato la platea, cosa che a Nico Gori (sax e clarino), Piero Frassi (piano), Ellade Bandini (batteria), Massimo Moriconi (contrabbasso) e Stefania Scarinzi (voce, perfettamente dosata), riesce puntualmente bene, da parecchi anni, senza soluzione di continuità. Serata (sublime) jazz, naturalmente, con alcune riletture di classici standard con i quali, i quattro strumentisti, tanto singolarmente nei propri percorsi, così come quando si ritrovano insieme per dare vita a queste reunion, hanno una familiarità imbarazzante. L’arrivo della signora sul palco però, nella sua solita imponente eleganza, ha piacevolmente imposto ai ragazzi, capaci di sintonizzarsi su qualunque piano musicale e ritmico, di lasciare che il magma jazz della serata si permeasse dei suoi contenuti vocals e verdeoro e così, lady Scarinzi ha potuto dare ancora una volta saggio della sua sconfinata padronanza vocale, regalando un paio di gemme da incorniciare. Il pubblico - tra cui ha spiccato il meraviglioso coinvolgimento emotivo e sonoro della vedova Sellani, anzi, della Signora Sellani, come ha tenuto graziosamente a precisare Nico Gori -, ormai abituato alle provvide distanze, alle mascherine e a tener lontano dai propri istinti qualsiasi incauta esternazione di entusiasmo, ha accompagnato la serata con ripetuti scrosci di applausi, arrivati alle orecchie e all’anima dei protagonisti con puntuale, seppur inesorabile, generosità. Dopo l’inevitabile bis concesso dall’ex quintetto, diventato sestetto con l’arrivo del premiato, ancora qualche scambio di confidenze, tra le quali ha preso corpo l’idea, che ci auguriamo si realizzi quanto prima, dell’istituzione di un altro premio, sempre all’interno di Serravalle jazz (tornerà nel suo alveo naturale, una volta debellata la pandemia): il Premio Maurizio Tuci. È giusto, quasi doveroso, soprattutto in onore di chi, verso la musica (e che musica!), ha gratuitamente dedicato parecchio del proprio tempo, con il solo gusto, incommensurabile e dunque non quantificabile, della passione. Ne suggeriamo un secondo, di riconoscimenti: il Premio Luigi Tronci. Lui lo ha fatto per lavoro, l’artista del suono, ma visto che ha portato Pistoia in giro per il mondo su un vassoio d’argento, anzi, su un Piatto Ufip, sarebbe carino (eufemismo poco consono alla grandezza dell’artigiano) che la città glielo riconoscesse.

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