PISTOIA. Di Don Abbondio e della sua assenza di coraggio, non se ne parla affatto, nemmeno sul foglio di sala. Ma questo ESSERE JIM MORRISON, scritto da Andrea Bruno Savelli e portato sul palco da Nicola Pecci, andato in scena al Bolognini di Pistoia, speriamo voglia essere un diktat per tutti quelli che si spacciano per artisti: perché se non si è Jim Morrison, ma solo dei donabbondio qualsiasi, si può anche fare altro; anzi, è il caso che si faccia altro. Perché di un teatro che non lascia segni, che non scortica la pelle, che non fa male, che non ti ordina di uscire in strada a urlare, beh, con tutta onestà, se ne può fare tranquillamente a meno. E questa pandemia, che sembra finalmente essere sul punto di confondersi con un incubo ormai passato, proprio al Teatro, che ha sofferto tanto, troppo, deve per forza aver insegnato qualcosa che non sta scritto sui copioni, sui contratti, sulle scritture. Detto questo e pensando che Andrea Bruno Savelli, che nonostante vanti numeri interessanti sullo scranno di regista non può certo dirsi un maledetto, lo spettacolo è stato oggettivamente qualcosa di gradevole, apprezzato, con ingiustificata parsimonia, dal pubblico in sala, utilmente e preventivamente distanziato, ma ancora virtualmente intimorito dai contagi e convinto che la riconquista della libertà consista nel poter nuovamente tornare a bere aperitivi, anziché riempire i teatri.

All’inizio, confusi dalla vasca in primo piano, ci siamo lasciati suggestionare dai retaggi amletici e abbiamo pensato a Simone Perinelli e al suo Yorick; ma non ci siamo rimasti male quando abbiamo capito che il tenore sarebbe stato tutt’altro. Merito di uno spumeggiante Nicola Pecci, che ha abbinato (ma gli succede spesso), bravura, dedizione, versatilità e perché no, quel briciolo di bellezza che non guasta mai (se non fosse stato così bello, Jim Morrison, sarebbe stato molto meno maledetto, siamo onesti) e che ha perfettamente interpretato l’animo irrequieto di un aspirante rocker alla vigilia di un casting. Il palco, sul quale han trovato posto soltanto la vasca da bagno (nella quale il frontman dei Doors fu trovato morto) e l’inconfondibile pelliccia morrisiana, avrebbe potuto interdire chiunque altro. Nicola Pecci invece, dal nobile uso del diaframma nell’interpretazione di Light my fire, Break on through, The End e dalla facilità con la quale è entrato immediatamente in sintonia con l’animo devastato di Jim, è apparso perfettamente immerso nel personaggio, al quale non è così facile ispirarsi, soprattutto se decontestualizzato dal rumore assordante dei concerti, dalla tensione delle forze dell’ordine in assetto di guerra e da un pubblico che, invece che aspettare l’urlo di guerra per aprire LA PORTA, insorgere e dare vita al caos, sembra non potersi separare dal telefonino, nemmeno durante un’ora scarsa di commedia. Ed è proprio per questo, forse, che avere coraggio ora sembra essere molto più difficile di quanto non lo sia stato prima. Ed è proprio per questo che oggi i poteri occulti, per garantirsi le proprie dittature, non debbano scovare i nascondigli presso i quali si proteggono i profeti che non ci sono più ma limitarsi a lobotomizzare intere generazioni, vendendo loro, a prezzi più che accessibili, le chiavi della felicità.  

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