di Francesca Infante
PISTOIA. Tetro. Sempre. Perché i topi la luce non la vedono mai. La scenografia grezza, claustrofobica, cunicolare. Poi il buio. Il buio e una voce che impreca. Poi appare quella figura, che non ti aspettavi così grande in quel tugurio così stretto. Macerie, disordine e bottiglie di vino vuote. Quanto può essere difficile recitare, per un'ora e venti, senza interloquire con nessun altro, avendo il peso di uno spettacolo solo su se stessi? Dovremmo chiederlo a Imma Villa, che ha portato in vita il personaggio di Enzo Moscato, con una maestria impareggiabile, ma anche con l'umanità che distingue, non solo l'attrice, ma la donna, che a fine spettacolo, ha fermato il pubblico che la stava applaudendo, solo per ringraziare chi aveva condiviso quel momento di teatro, purissimo, con lei. E con gli occhi lucidi, se ne è andata, circondata dagli applausi scroscianti. Scannasurice è il testo che nel 1982 segnò il debutto di Enzo Moscato come autore e interprete. Nel 2015 è stato messo in scena da Carlo Cerciello che ne ha affidato l’interpretazione a una straordinaria Imma Villa (Premio Le Maschere del Teatro Italiano 2017 come Migliore Interprete di Monologo) e lo spettacolo si è aggiudicato il Premio della Critica.
Ambientato dopo il terremoto del 1980 a Napoli, Scannasurice è una sorta di discesa agli inferi, di un personaggio dalla identità androgina, nell’ipogeo napoletano dove abita, all’interno di una stamberga, tra gli elementi più arcani della napoletanità, in compagnia dei topi – metafora dei napoletani stessi – e dei fantasmi delle leggende metropolitane partenopee. Quella che viene messa in scena non è una Napoli qualunque, ma quella dei Quartieri Spagnoli. Da sempre comunità chiusa e con un'involuzione criminale elevatissima, i quartieri spagnoli rappresentano una comunità che venne ghettizzata e lasciata a sé stessa, soprattutto dopo il terremoto del 1980. È in questa cornice che Imma Villa, straordinaria interprete dal trasformismo impressionante, porta in scena Scannasurice, un femminiello, figura legata solitamente al folklore napoletano, accettata, ma forse sopportata, dalla società. Ma lei gli dona quella incompletezza, inadeguatezza e solitudine che caratterizzano questo personaggio mistico, mostrandoci il vero volto della comunità transessuale. Quella che, sì, veniva accettata nei vicoli dei sobborghi napoletani, ma veniva anche costretta alla prostituzione, gestita spesso dalla malavita. Commovente, straziante, solitario e al limite della follia causata dalla solitudine e dalla tristezza, a tratti incomprensibile per il napoletano volutamente stretto, Scannasurice ha invaso Imma Villa. Quel personaggio androgino che parla al pubblico, come se non parlasse con qualcuno da tantissimo tempo. Circondat* da esoterismo e tradizioni napoletane, ci racconta le storie degli altri, ma non la sua. Discende i piani del tugurio, fino ad arrivare all'ultimo. Ed è proprio nella cornice più bassa di quella scenografia, che sogna di essere amat* e accettat*, ma che si conclude con la tristezza di sapere che non accadrà. Poi di nuovo il buio, che preannuncia la sua uscita, da quel luogo che detesta, ma che è anche l'unico dove si sente se stess*. Una persona. Ma quando esce non lo è più, quando esce l’aspetta solo prostituzione e un abbigliamento appariscente, in cui non si riconosce. Scannasurice si distacca dall'immagine del femminiello napoletano associato alla tradizione napoletana e ne crea una nuova, vera. Quella della solitudine e della costrizione ad essere qualcosa in cui non si riconoscevano, solo perché lo imponevano le vie di quelle strade che erano costrett* a frequentare ogni sera. E Imma Villa è perfetta nel rendere quel senso di sospeso, di non identità. Una creatura mistica, una persona solo a metà, senza un'identità, né sessuale né di genere. È perfetta a rendere il vuoto dell'anima lasciato dalla strada persa della propria vita. Femminiello non è libertà di scelta sulla propria vita, ma sopravvivenza alla società, che ti accetta, perché pensa a te come un essere stravagante, un qualcosa di inoffensivo, che puoi vessare con simpatia, perché serve a questo. Questo erano i femminielli, ad oggi è offesa, non tradizione. Scannasurice è una ferita profonda, perché nessuno dovrebbe sentirsi un topo che incontra il veleno, in un sudicio tugurio.