di Chiara Savoi
FIRENZE. Oceano spazio. Una somma di piccole cose. In sei sul palco. Dopo due canzoni ringrazia il pubblico che è stato paziente, che ha aspettato l'inverno per poi ritrovarsi finalmente tutti insieme. Questo concerto era stato programmato a Fiesole l'anno scorso e poi accorpato a questo di Firenze, all'interno del programma MUSart in piazza Santissima Annunziata. Vorrei regalarvi qualcosa di pulsante, come se il sangue tornasse a scorrere, racconta Niccolò Fabi. Dice che nel concerto non ci saranno pezzi nuovi perché il periodo appena passato è stato poco creativo, ma che lui ha riguardato le sue canzoni con occhi nuovi e queste hanno assunto significati diversi e lo spettatore si ritrova automaticamente ad ascoltarle in un altro modo e, in effetti, sembrano canzoni nuove. Come Immobile: invece assisti immobile. Come l'acqua passerà. Se potessi dormire sceglierei l'inverno. Verranno giorni limpidi come i primi di quest'anno. Ritorneremo liberi come quelli che non sanno. Il cambiamento di orizzonte e i movimenti sono quelli che alimentano la creatività. Quando parla al pubblico, lo fa in modo pacato, ma deciso, e noi ascoltiamo rapiti. Racconta di un viaggio in Provenza, da solo. Quindici giorni di letture e ascolto di musica in cuffia.
Paesini al sud della Francia, seduto ai caffè. Una volta sono andato in una radura vicino ad Aix en Provence e dai finestrini arrivava l'odore della lavanda e il silenzio della campagna. È stato così per due ore e poi sono tornato a casa e in 45 minuti ho scritto Elementare. Quando canta Il primo della lista, l'emozione è grande: accetta l'onere, l'impegno. E dimmi poi, se i primi mollano, mi spieghi gli ultimi come fanno, come fanno? Niccolò Fabi è un maestro di eleganza, il suo concerto è perfetto e i musicisti che lo accompagnano sono eccezionali. Il pubblico seduto canta e si gode le canzoni conosciute e appena possibile batte le mani come quando arriva Una buona idea: sono un orfano di acqua e di cielo. Un frutto che da terra guarda il ramo. Orfano di origine e di storia e di una chiara traiettoria. Sono orfano di valide occasioni, del palpitare di un'idea con grandi ali, di cibo sano e sane discussioni. Delle storie, degli anziani, cordoni ombelicali. Orfano di tempo e silenzio, dell'illusione e della sua disillusione, di uno slancio che ci porti verso l'alto, di una cometa da seguire, un maestro d'ascoltare, di ogni mia giornata che è passata, vissuta, buttata e mai restituita; orfano della morte e quindi della vita. E ancora di più con Diventi inventi: far assomigliare la tua vita ai desideri, ricordarsi di essere sinceri. Poi racconta qual è il suo desiderio: quello di vivere il più possibile la musica come vorrebbe lui e per questo al centro del palcoscenico non c'è nessuno, neanche lui che vorrebbe spostare l'attenzione da lui a quello che scrive e a quello che vuol dire. Pier Cortese scrive canzoni con lui e nel palco sta alla sua sinistra ed è bravissimo e canta una sua canzone. Poi il centro del palcoscenico per Roberto Angiolini, che dopo la poco edificante vicenda della cameriera pagata al nero e poi licenziata, ci entusiasma con manifesta parsimonia, cantando un pezzo che aveva suonato in televisione a Propaganda live, ma che non ha soddisfatto i nostri gusti. Al centro del palcoscenico c'è Alberto Bianco, cantautore; anche lui canta una sua canzone e Niccolò Fabi se ne va alle tastiere. Poi due canzoni sulla paura del distacco da chi si ama, una in cui non ci si arrende e poi Vince chi molla, dove invece si accetta il distacco. Fabi resta un attimo da solo, potente, emozionante. Ma subito dopo tornano anche gli altri per una delle più belle canzoni d'amore, sull'amore che, non è cosa ma è come, non è l'estasi del primo giorno, è una mano sugli occhi prima di dormire. Tutto finito? No, calma, basta aspettare ancora un po’: scusate se non vi ho fatto divertire, scusate e grazie perché il concerto di Niccolò Fabi non è certo uno spasso. Forse, è molto di più: eleganza delle forme, bellezza dei contenuti, goduria musicale, estasi dei significati.