LEGRI (PO). Così, in alta stagione, si sta a Longarone, a Valle di Cadore. Ai piedi delle Dolomiti, nel bellunese, tanto per intenderci. Il caldo appiccicoso resta nella piana, ma il fresco, che dopo il tramontar del sole diventa freddo, con tanto di pullover al seguito se si vuole evitare una congestione, è ancora qualche meridiano più in là. In realtà siamo ai piedi della Futa, a quel che vorrebbe essere una montagna, ma non lo è e non lo diverrà mai, alle propaggini di Prato, dopo le Croci di Calenzano, ma non ancora nella piana del Mugello. A Legri, per l’esattezza, raduno ideale per biker e motobiker. Un posto che a Pistoia ricorda, maledettamente, Spedaletto, lungo la Porrettana. L’azienda autonoma di soggiorno e turismo non ci finanzia il pezzo, ma ci pareva carino spiegarvelo, perché, per noi, ad esempio, era la prima volta. Non ci siamo capitati, naturalmente. Ci ha invitato Cristiana Romoli (nella foto, sfuocatissima), una delle voci più interessanti del circondario, che da qualche tempo, ogni sera, è lì, in questo ristorante/pizzeria perfettamente gestito da una numerosissima famiglia albanese e tutte le sere, con la sua piccola consolle portatile e il suo piccolo microfono, come una Lilliput delle note, delizia con la sua grande voce i clienti.
Certo, la scelta del sito da parte dei numerosi visitatori poggia i presupposti sul convincente rapporto qualità/prezzo del locale e sugli scampi di ossigeno che la zona offre, gratuitamente, sul calar della sera. Cristiana però, e il suo modo di cantare e regalarsi all’ascolto, garantisce quel quid difficilmente quantificabile e ancor meno spiegabile al quale titolari e clienti si sono affezionati. Va bene, di Etta James e di altri monumenti femminili, spesso, la Romoli, in queste circostanze non ne fa menzione, ma noi l’abbiamo conosciuta proprio in uno di quei contesti non energicamente contemplati dalla circostanza e da allora, seppur tra qualche difficoltà, non ne abbiamo voluto perdere le tracce. Era già un po’ che desideravamo sapere come se la passasse, come avesse superato la follia del Covid e il dolore, senza età, per la perdita del padre, ma soprattutto era da un sacco di tempo che non la vedevamo sorridere e quel suo divertente gracidare, scarabocchiato su ogni atomo di cute, ci mancava: non è cambiata, per fortuna; ha qualche ruga in più, ma continua a sorridere alla vita, anche se lo fa solo per esigenze sopravvivenziali, che funzionano, comunque. Saremmo potuti rimanere ancora un po’, ad ascoltarla, ma dopo le prime canzoni, intonate con la solita candida leggerezza di sempre e dopo essersi fermata a colloquiare con buona parte dei grandi e piccini che, a rigor di logica, sembrano essere clienti affezionati del ristorante e della sua simpatia, abbiamo preferito salutarla e tornarcene a casa. Lo abbiamo fatto perché abbiamo avuto il sentore che al cospetto di una delle sue interpretazioni canore degne di ossequioso e religioso afflato, ci saremmo inalberati alla totale e pacifica distrazione da parte del pubblico e probabilmente, alzato il tono della voce, avremmo chiesto e rivendicato un minimo di attenzione e un po’ di silenzio. E visto che lì, nessuno, prima di ieri sera, ci avesse mai visto, abbiamo preferito non lasciare segni e restare nel più selvaggio e provvido anonimato. Però, in quel posto, a mangiare un boccone, soprattutto con queste temperature degne di nota e sofferenza, torneremo di certo; così come a sentir cantare e ridere della vita Cristiana Romoli.