PISTOIA. Strano, perché dopo tanti anni di nobile servizio alla causa televisiva dei trampolinisti del successo, tempo nel quale Manuel Agnelli ha dato ampia prova di accurata riflessione culturale, emotiva, sociale, puntualmente offerta sotto l’egida di un darkismo che seppur vintage sembra non essere ancora del tutto sorpassato, ieri sera, l’ex bandleader degli Afterhours, non ha offerto pari moderazione nella sua esibizione sul palco Blues di piazza del Duomo a Pistoia. Ma non vogliamo fare del sarcasmo gratuito; non siamo tra quelli che aborrono a ciò che non sia Blues, ma siamo quelli che si indignano quando qualcuno avrebbe la pretesa di scambiare l’arte con la caciara. E ieri sera, anche con i gruppi (Zagreb e Bluagata) che han fatto da apripista al poliedrico frontman milanese, il tenore è stato lo stesso; amplificazione assordante che ha soprattutto il merito di sovrapporre e confondere, indefinitamente, il suono dei singoli strumenti, così che il basso, la batteria, la chitarra e le tastiere diventino un incomprensibile tutt’uno, sul quale campeggia, naturalmente in modo incomprensibile, la voce del vocalista di turno. E non vi consentiamo di bollarci come dei vecchietti che farebbero meglio a stare a casa, visto che a casa non ci siamo mai stati, per fortuna. E non potete nemmeno permettervi il lusso accusarci di non spendere parole affusolate solo perché non si gradisca il rock alternativo.
Oltre ai capelli lunghi, indispensabili per dover abbandonare il braccio della sei corde per ricomporre la chioma dietro le sollecitazioni sussultorie del corpo, e agli sguardi imperforabili, senza dimenticare insostituibili abbigliamenti ad hoc, puntualmente cromatizzati con sfumature funeree, per fare arte, suonando e cantando, ci vuole altro. E soprattutto, nonostante chi scrive ignori l’inglese e per questo potremmo scoprire, ad esempio, leggendo la traduzione dei testi, che le poesie di Bruce Springsteen e Sting siano, alla luce dei loro significati, insulse storielline che però si amalgamano perfettamente con il sound degli strumenti, è indispensabile che chi fa del verbo la sua carica dinamitarda e dunque esplosiva, si faccia capire. E fatto salvo il nugolo degli irriducibili (ci saranno anche ai concerti di Orietta Berti, possiamo immaginare) che hanno cantato con il loro idolo tutti i suoi brani proposti in scaletta, gli altri, come noi, che è stata la maggior parte delle persone che ha flebilmente popolato la piazza ignorando i gargarismi di Manuel Agnelli, dei suoi messaggi non è stato in grado di capire nulla. Insomma, al di là di ogni considerazione che voglia e possa insidiare la validità di questo Festival che ci auguriamo eterno, ci permettiamo di dire che concerti come quello di ieri sera è indispensabile che li si organizzi in isole protette, tipo Ventotene, luogo anticamente e storicamente preposto al confinamento, protette da chi chiede alla musica un indispensabile ausilio per vivere meglio. Come in poche altre circostanze, poi, ieri sera, la musica in filodiffusione lanciata in ogni concerto ai cambiopalco, sarebbe stata oltremodo gradita, anche per un immotivato sfizio dell'artista, che l'ha protratta per quindici minuti aggiuntivi; nulla. Le ferree leggi degli interessi Siae fa sì che a Pistoia, un po’ come Ventotene, non si possa deliziare il pubblico in attesa del musicista successivo con brani che riconcilino all’indispensabilità della musica. Ieri, ad esempio, avrebbero potuto mandare nell’aere alcuni motivi di Lou Reed, ispiratore inconsapevole proprio degli Afterhours. E siccome di quelli abbiamo letto le traduzioni, saremmo stati meglio.