PISTOIA. Venti anni li ha compiuti pochi mesi fa, Arianna Del Giaccio. Ma ha già capito un sacco di cose. La prima è che occorra raccogliere subito, anche senza aver seminato; il successo è lì, dietro l’angolo, pronto a prenderti per mano e scaraventarti ovunque. Ad aspettarti ci sono già nugoli di adolescenti che non riuscendo a parlare in casa con i genitori, a scuola con i professori e per strada, nei bar, nei circoli, negli oratori (che non esistono più, fisicamente e come istituzioni), con il prossimo, intravedono in una ragazzetta come loro una piccola grande eroina, che studia musica da quando era una bambina e che, ciondolando per le vie di Anzio, tratto del litorale romano, uno dei tanti teatri ideali per Suburra e affiliati, ha trovato per terra un mazzo di chiavi con le quali si è aperta, senza incontrare la minima resistenza, le porte del successo. Certo, è una notorietà pseudovirtuale, che inizia – e ci mancherebbe altro – dai canali televisivi di X Factor, per poi prendere il largo sui nuovi palcoscenici cosmici, che sono le piattaforme sociali, youtube, streaming e tutto quello che ti porta ovunque pur restando in casa. Si fa chiamare Ariete, la scaltrissima pischella metropolitana, che non è un riferimento zodiacale, né una precisa collocazione faunistica; è un nome che bucherà, vedrai. E ha bucato.

La sua voce somiglia, letteralmente, quella di tutte le altre di questa generazione di improvvisati; un po’ nasale, quasi controvoglia, che si trascina da una strofa alla successiva come se quella che sta cantando fosse l’ultima canzone. Nei testi c’è l’elisir della folgorazione, perché Arianna Del Giaccio non nasconde la propria bisessualità. Anzi, ne fa soggetto/oggetto di lustro, orgoglio, consigliando, soprattutto il popolo delle sue ammiratrici (che non ne hanno alcun bisogno), di amare, ostinatamente, senza pregiudizio alcuno, chiunque (amare è un infinito verbale mai, come in questo periodo, usato senza criterio alcuno). Succedeva anche tanti anni fa, a dirla tutta, con la sola, unica, piccola differenza che di profeti dichiarati non ne avevamo alcun bisogno (di cattivi maestri, sì, purtroppo), perché studiavamo e ci facevamo le nostre idee, seppur poggiandole su fragilissime illusioni, mentre chiedevamo ai nostri privilegiati intrattenitori (di cui pagavamo il dazio dei biglietti per assistere alle loro esibizioni, proprio come ora) di stupirci ed emozionarci con le loro pregiate qualità: Musica e Voci stratosferiche. Nel 1976 (quarantasei anni fa), al Palazzetto dello Sport di Roma, avemmo l’onore, il piacere e la fortuna (metabolizzati solo anni dopo) di assistere al concerto dei Water Report, formazione galattica che ha ispirato un’intera generazione di musicisti successivi, indispensabilmente grati a Jaco Pastorius, Joe Zawinul, Wayne Shorter per aver dato al basso, alle tastiere e al sax un’altra dimensione. Poco dopo, fu la volta di Al Jarreau. Tutto questo per raccontarvi, in poche righe, che ieri sera, l’anonima ventenne Arianna Del Giaccio, in arte Ariete, ha passato più tempo a leggere gli SOS delle sue giovanissime fan scritti sui reggiseni e sulle mutandine lanciatele sul palco di piazza del Duomo, per la terzultima serata della 41esima edizione del Pistoia Blues, che a suonare, accompagnata da Jacopo Antonini al basso e alle tastiere, Alessandro Cosentino alle chitarre ed Emanuele Fragolini alla batteria, quelle poche canzoni, tutte uguali, naturalmente, del suo giovanissimo repertorio, che l’ha comunque già immortalata con dischi, singoli e doppi, di platino.

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