PISTOIA. Sembra non ispirarsi a nessuno, Polo Nutini. Eppure, quando canta, si ha sempre l’impressione che la sua voce ne evochi un’altra; anzi, altre. Quando si cimenta nel rock and roll si intravede la sinuosa aggressività di Mick Jagger, ma resta un cantante che pare l’abbiano congelato, quarant’anni fa, nel bel mezzo della new wave e messo a sbrinare, senza fretta, nel terzo millennio. Il quarto e ultimo bis, Guarda che luna, ha forse voluto essere un omaggio alla canzone italiana, a Fred Buscaglione (ne poteva scegliere altre mille, di brani prototipo, Buscaglione escluso e soprattutto, visto nome e cognome, l’italiano potrebbe anche impararlo, eh), ma nel penultimo ha voluto rendere grazie al gruppo che lo ha preceduto in piazza del Duomo e più o meno inconsapevolmente ispirato, inserendo, per ben due volte, poco prima della fine dell’esibizione del terzo brano, il loop di Don’t You, che i Simple Minds gli hanno lasciato, oltre che nell’eco della piazza, anche come testimonianza attiva. Pure fisicamente, Polo Nutini ricorda quelle stagioni: bello, senza essere impossibile, impegnato, ma non militante, aperto e libero a ogni contaminazione, ma di sani principi, quelli ereditati dalla famiglia e dal nonno, il vero ostinato responsabile della sua carriera musicale. La fortuna, infatti, era lì, ad aspettarlo, a quell’omaggio paesano in onore del suo concittadino David Sneddon, vincitore inaspettato di Amici scozzesi.

L’organizzazione della festa infatti, per riempire il tempo lasciato vuoto da un imprevisto del protagonista, organizzò un megaquiz, vinto proprio dal sedicenne Paolo Nutini, al quale venne data l’opportunità di eseguire due brani. Tra il pubblico, Brendan Moon, che è ancora oggi il suo manager. E nonostante l’abbia afferrata, la fortuna, e sfruttata nel modo migliore, non l’ha agguantata con la rabbia di chi vuole invertire l’ordine stabilito della propria esistenza. Avrebbe proseguito – e volentieri, probabilmente, senza frustrazioni – a dare lustro alla dignitosa bottega familiare di fish and chips, cantando caso mai solo nelle occasioni di sagre e feste. E invece, Paolo Nutini, bravo davvero, con l’impressione che la naturalità e la chimica si siano sostituite a studi forsennati, e bravo, soprattutto, a non farsi risucchiare dal tritacarne del successo usa e getta, con un solo tatuaggio, affatto tribale, su un braccio, è una delle voci più autorevoli del panorama europeo. Non a caso la Direzione artistica del Pistoia Blues ha deciso di affidargli, ieri, l’onore e l’onere della chiusura della 41esima edizione, operazione perfettamente riuscita visto che la piazza, improvvisamente, è tornata a essere una di quelle che meglio e più volentieri ricordavamo: piena, felice e composta, grazie soprattutto a una performance ideale di un professionista che, con quelle generalità da ragioniere, avrebbe anche potuto lasciarsi sedurre dall'adottare uno pseudonimo a affetto. E invece. Oltre ai tanti stranieri, tra gli oltre seimila spettatori del suo concerto, c’era anche un suo conterraneo particolarmente orgoglioso, tanto che per l’intera durata dell’esibizione ha sventolato una grossa bandiera scozzese, atteggiamento da curva che ha irretito, e non poco, una fetta di pubblico disposto sulle tribunette infastidito da quell’inutile testimonianza d’affetto nazionale che altro non ha fatto che intercettarne l’angolazione della visuale. Ha iniziato alle 21,39, ha chiuso alle 23,19, facendo felici tutti: gli spettatori, prima di ogni altra cosa, l’Amministrazione pistoiese, che ha temuto, sin da ultimo, di non farcela a togliere a piazza del Duomo gli abiti del Festival per rivestirla con quelli della Giostra, ma anche l’organizzazione, che proprio dalle ultime due esibizioni di questa 41esima edizione deve trarre spunto per dare corpo e anima a quelle che verranno. Accanto a nomi illustri, di sicuro impatto, vendita assicurata di migliaia di biglietti, quelli che hanno il potere di gremire le piazze a prescindere da cosa sia nel frattempo successo, bisogna puntare, per le altre serate, sulle scommesse, quelle fatte andando in giro per il Mondo per capire cosa bolla in pentola, non su tiktok.

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