PISTOIA. Lontano dalla stagione teatrale e dai concerti del Festival Blues, a Pistoia, succede più in quel buco meraviglioso della libreria Lo Spazio in via dell’Ospizio che in tutto il resto della città. E oggi, domenica 8 ottobre, non è nemmeno giovedì e visto il sole, men che mai siderale. Sulle pareti del salone attiguo alla libreria, quello che in origine doveva essere la sala da the, ma dove in realtà si versano ettolitri di rosso, fino al prossimo 11 novembre ci saranno le opere di Serena Giorgi. Pittrice? Sì, vero, ma non solo. Costruttrice? In linea di principio eccome, ma riduttivo. Allora cucitrice? Sì, anche, perché il lavoro che fa sulla memoria è notevole. Beh, non nascondiamo di essere un po’ in difficoltà, a catalogarla; allora vi raccontiamo della mostra, che ci è stata svelata nei dettagli dall’incipit fino ai suoi possibili sviluppi proprio dalla diretta interessata, l’artista (e così non ci sbagliamo) presente (e come sarebbe potuto essere diversamente) il giorno dell’inaugurazione.

“L’arte è contaminazione, bella e buona – racconta Serena Giorgi, impegnatissima soprattutto a fare in modo che i capelli le coprano solo la metà del viso – e ognuno di noi, che crede e può farci i conti, è liberissimo di offrire e fare quel che vuole. Ritengo però, seppur non si debba essere manieristi, che si debba essere riconoscibili: occorre dare un marchio ai nostri lavori; occorre privilegiare la comunicazione e senza punti di approdo, la navigazione, si fa impervia”. È livornese, Serena Giorgi, di Cecina, per l’esattezza, anche se ormai, l’adozione milanese, le ha fatto perdere un po’ delle origini, regalandole in compenso una serie di opportunità che sulle rive rocciose del Tirreno, forse, non sarebbero potute capitarle. È infatti in procinto di dare alla propria struttura artistica una linea dettagliata suggeritale da un critico che crede in lei, che possiamo solo immaginare, per insopprimibile riciclaggio, contempli tutto quello che riesce a esternare, già dai primi passi pittorici, quando, a soli quattro anni, come tutti i bambini normodotati del resto, ha iniziato a sporcare di colori i fogli di carta. Però, da quel giorno, Serena Giorgi, la matita, non l’ha più appoggiata; ha continuato a portarsela dietro, a viverci e conviverci, si potrebbe dire, tanto che nel tempo è diventata una sua consigliatrice particolare. “Sono ispirata dalla parole – aggiunge -: sono una continua provocazione, un monito, un suggerimento; vanno conservate, con cura e poi, al momento opportuno, tirate fuori da dove la abbiamo accudite, per riproporle. In questa mostra, la memoria è il filo conduttore”. Confermiamo. Il disegno adolescenziale è affiancato da una teca con dentro un tutù e sempre nello stesso angusto spazio, appese a un chiodo, le scarpette da ballerina. Si prosegue in senso orario – ma potete fare come volete e non solo in questa circostanza – e si trovano altri appuntamenti con la vita, con i ricordi, con le opportunità. “Non butto via mai nulla – preme a raccontarci Serena Giorgi -; è un retaggio materno, ma al di là del candore del rispetto, credo che sia davvero un’ottima idea artistica. Le cose si rinnovano, anche per un principio metempsicotico della materia: le copertine fatte con la carta dei regali di Natale da mia madre per proteggere i miei libri di scuola dalle intemperie e dall’usura sono diventate altro, con il tempo: una farfalla, un uccello, un volatile in generale, ma anche un suggerimento”.

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