PISTOIA. Alla sua età (36 anni), l’arte, intesa come evasione dalla realtà per crearne un’altra, di realtà, assume significati non specificatamente contemplati dalla traduzione dizionaristica del termine. Ma è anche vero – e questo inciso è semplicemente indiscutibile – che l’arte non abbia età e dunque, Camilla Giannini ha tutto il diritto di provare a battere e addirittura asfaltare la sua strada, quella che potrebbe addirittura consegnarle le chiavi per aprire la porta e oltrepassare il limite che la condurrebbe chissaddove. Di che cosa stiamo parlando? Di Curiouser, la mostra delle sue tavole di compensato esposte, in questi giorni, nell’atrio del Palazzo di Giano a Pistoia, quel corridoio in penombra che collega il loggiato del quartiere generale della politica pistoiese con il giardino interno, sfruttato a dovere in questa seconda estate consecutiva contrassegnata dalla pandemia. Torniamo a Camilla Giannini e alle sue interferenze poetiche, fiabesche, scritte e disegnate su pezzi di compensato che, con molta probabilità, se non fossero incappati nella sua volontà artistica, nella sua voglia di dipingersi altrove e lontano dal contesto quotidiano nel quale è letteralmente immersa, avrebbero potuto conoscere ben altro e meno lusinghiero destino.
E invece, Camilla, quelle lamine lignee senza senso e senza destinazione e delle quali si conosce, virtualmente, solo la provenienza arborea, ha deciso di trasformarle, proprio come Geppetto fece, in modo leggendario, del suo Pinocchio, dando a quegli anonimi pezzi di legno un volto, una sagoma, una vita e soprattutto un’anima. Li ha colorati, con acrilico, tessendo sopra, sotto, intorno e ovunque, codici cirillici e descrizioni con il carboncino, fino a trasformare il percorso dell’Atrio del Palazzo Comunale in un immaginifico scarabeo senza alcuna via d’uscita, dove i più piccoli si troveranno probabilmente a loro agio riconoscendo in quelle sagome i loro personaggi fiabeschi e i più grandi intravvedendo, ma senza confidarlo ai loro figli, i contorni dei loro incubi, quelli scatenati e suggeriti dalla filmografia horror degli anni ’70 e ’80. Erano queste le intenzioni di Camilla Giannini, figlia di studi classici (non vi inganni la fantasiosa esternazione; è la cultura a fertilizzare il nostro ingegno) quando due anni fa ha deciso, invertendo del tutto il senso di marcia della propria esistenza, di iniziare a dare vita al suo progetto artistico? Sarebbe semplice darsi una risposta per poi offrirla, così, identica, a voi. Ma non avrebbe senso e limiterebbe parecchio i sogni dei futuri visitatori, che se conoscessero l’umore dell’ideatrice e della protagonista di questo anomalo gioco dell’oca filtrato dalle nostre empiriche e dunque inesatte percezioni, si lascerebbero, inevitabilmente, condizionare, carpendo e soffrendo una spiegazione che, con molta probabilità, si discosterebbe parecchio dalle loro percezioni. Non resta che andare a vederla, l’esposizione e poi, casomai, farsi un’idea. Anzi, meglio due, perché spesso, la prima, è sbagliata.