di Simona Priami

CARRARA (MS). Destini artistici che si incrociano a Carrara nel Novecento, un mondo in continuo e veloce fermento: la cultura marinara della Versilia, il mondo misterioso e magico della Lunigiana, l’amore per la materia che si plasma, ma anche il ritorno alla classicità. Tutto questo, ma anche molto altro, alla mostra del Novecento a Carrara, collettiva di numerosissimi artisti, in esposizione, a Palazzo Cucchiari, fino al prossimo 29 Ottobre. Riviste, incontri, scambi di opinioni, laboratori, scuole e accademie hanno caratterizzato questo territorio tra le due guerre; protagonista rimane l’ambiente con le Apuane, il mare, il marmo; eppoi i lavoratori e le lavoratrici, forti e fieri proprio come il marmo. Un mondo stimolante e fecondo in cui ogni artista ha dato il suo contributo, la sua interpretazione, il suo tocco magico, realistico, intenso, informale, rivisitando il classico, riproducendo o abbandonando il figurativo. Percorsi dei maestri indigeni o forestieri, ricerche soggettive che si intrecciano, entrando a far parte del panorama culturale e artistico del secolo; fa da sfondo lo sviluppo storico e sociale della realtà tra Carrara e la regione Apuana. La mostra, ricchissima e variegata di stili e correnti, offre nelle splendide sale perfettamente illuminate di Palazzo Cucchiari, un percorso intenso e costruttivo in cui il visitatore si immerge nella lunga storia del marmo e dell’arte carrarese. Forti e fieri come il marmo e come Farinata degli Uberti di Carlo Fontana (marmo 185x105x92), 1901 – 1903, opera simbolo e di introduzione al percorso espositivo. Il famoso personaggio dantesco condannato a pena eterna all’Inferno come eretico, colui che si erge con sguardo orgoglioso e superbo com’avesse l’inferno a gran dispitto, come se non temesse l’inferno, viene perfettamente rappresentato da Carlo Fontana nel momento in cui Virgilio, il mentore, dice al visitatore Dante: Volgiti! Che fai? Vedi là Farinata che s’è dritto: da la cintola in su tutto il vedrai. Tra le tombe della Città di Dite, dal suo sepolcro, si erge deciso, curioso e sprezzante del luogo, il dannato e cerca chi è il Tosco che ha parlato; l’artista carrarese emoziona mescolando nello sguardo del peccatore coraggio, curiosità, fierezza, perspicacia e orgoglio, e nella perfetta fisicità, forza e bellezza, riprendendo così in parte l’arte classica. Sempre del famoso artista carrarese è esposto anche il toccante Dixeredatus, 1887, marmo bianco, 98x50x60, il bagascio, il bambino lavoratore, tenero sguardo assente, nel vuoto; il puer sofferente e stanco viene ritratto in un breve momento di riposo dal caldo, dalle fatiche, dalla sua vita difficile e disumana. Il dipinto La fiera: tre palle e un soldo (72x104) del famoso artista viareggino Lorenzo Viani, è un olio su cartone caratterizzato da forti colori espressionisti, le figure si presentano come maschere inquietanti e inespressive, i volti sono deformati dai contorni irregolari e dai colori forti; Viani dimostra così la modernità della sua opera nel vasto e complesso panorama novecentesco. Altro artista di spicco è Leonardo Bistolfi che, nutrito di spiritualità e simbolismo, famoso per le sue opere magniloquenti e per i numerosi monumenti pubblici e funebri, in questa collettiva spicca per La Sfinge del 1892, un marmo bianco 78x66x68, un liberty che risente della monumentalità antica. Sergio Vatteroni, amico e collaboratore di Fontana, esperto nella pittura e incisione, a Carrara si perfeziona in paesaggi; qui, con Al Torrione, le cave sono descritte con stile impressionista, domina il paesaggio grazie all’eccelsa scelta dei colori. Sempre di Carlo Fontana è La Biga, un bronzo 68x48x87, riprendendo il Fedro di Platone, l’auriga rappresenta la Ragione che guida il cocchio verso l’alto, i due cavalli simboleggiano l’anima spirituale e l’anima materiale, in contrasto e in opposizione tra loro, proprio come il bianco e il nero. Il percorso che si sviluppa su due piani propone l’opera di Libero Andreotti, Donna con i sandali, mettendo in luce il contrasto bianco e nero, le due giovinette sono nude e pensose, un bronzo 126x28x33 proveniente dagli Uffizi e un gesso 125x38x26. Del 1926 è Le Lavandaie di Domenico Cucchiari, l’olio 173x135 mostra la vita popolana carrarese; si tratta di luoghi facilmente riconoscibili in cui le donne impegnate nel lavoro, e il paesaggio, offrono un clima magico e solenne anche per la raffinata semplicità della pennellata. Nel dipinto postmacchiaiolo Tramonto alle cave di Giulio Marchetti, olio 145x207, i lavoratori sono piccoli e di spalle, domina il paesaggio maestoso, imponente e quasi fiabesco, grazie ai suoi colori magici. Non possiamo certo soffermarci su tutti i gioielli di questa stupenda collettiva, ma ricordiamo che l’intento della mostra è ricordare a livello internazionale l’importanza della civiltà del marmo e valorizzarne gli aspetti artistici, obiettivo perfettamente raggiunto.

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