di Simona Priami
PISTOIA. Un’immersione nell’immaginario collettivo degli anni Sessanta, del boom economico, delle notizie, della moda, della pubblicità, delle città che crescono, della televisione, delle prime auto, delle novità e modernità nelle case, dei nuovi materiali come la plastica, dei colori sgargianti; è il nuovo mondo descritto in modo critico, ma anche ironico, dalla Pop Art, movimento artistico sicuramente coinvolgente, fine anni Cinquanta, metropolitano, che nasce nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Gli artisti mettono in evidenza i prodotti del consumismo allora in irrefrenabile ascesa, oggetti anche ingigantiti, cibo, corpo, scatolette, manifesti, industrial design, collage, tutto per mostrare i mostruosi meccanismi del consumismo e della massificazione, fenomeno che stava prendendo piede in modo repentino e influenzava tutti gli aspetti della quotidianità. La Pop Art, dopo New York e Los Angeles, si sposta in Europa e nei primi anni sessanta a Roma. Torino, Milano ma anche in piccoli centri, meno importanti, come Pistoia, a Palazzo Buontalenti, per l’esattezza, per la cura di Walter Guadagnini, in esposizione fino al prossimo 14 luglio. La famosa Biennale di Venezia (prima sala) del 1964 è fondamentale incipit della Pop Art in Italia. Così inizia questo percorso artistico, un viaggio nelle principali città italiane caratterizzate da brillante fermento culturale, attraverso settanta opere: Mimmo Rotella con un meraviglioso collage, mostra il presidente americano John Fitzgerald Kennedy con il mito hollywoodiano di Marilyn. Proseguendo nel percorso espositivo si arriva agli artisti della scena romana, La Scuola di Piazza del Popolo, figure legate al famoso Caffè Rosati e alla galleria La Tartaruga; qui espongono Sergio Lombardo, Franco Angeli, Mario Schifano; spicca la bellissima Greta Garbo di Titina Maselli. La terza sala analizza lo Pop Art in relazione ai grandi modelli del passato e la quarta ai nuovi materiali usati, dal plexiglass illuminato, al neon, scovolini da spazzolone in acrilico, stoffa e oggetti quotidiani; sicuramente materiali rivoluzionari, impensabile nel passato che un oggetto di scarto o banale diventasse opera d’arte, come lo sono i colori e le forme; la nuova società colpisce profondamente gli artisti che non riescono a rimanere indifferenti alla realtà circostante fatta di nuove immagini aggressive. Nella sala successiva sono presenti i quattro artisti pistoiesi; Roberto Barni, Umberto Buscioni, Adolfo Natalini e Gianni Ruffi, autore, quest’ultimo, di Mare a Dondolo, opera che colpisce per l’originalità, per i colori accesi, per l’immediato e poetico rimando al cavallo a dondolo e ai cavalloni, al mondo dell’infanzia e al fiabesco, anche se con risvolti misteriosamente pericolosi. Proseguendo, la mostra analizza l’arte povera a Torino e il gruppo milanese con il maestro Michelangelo Pistoletto e i suoi giochi di Specchi, qui presente con Scala. Ricordiamo che Milano città importante e ricca per lo sviluppo e l’industrializzazione, negli anni Sessanta è punto di riferimento artistico e culturale e qui lavorano Lucio Fontana e Enrico Baj. Antonio Fomez entra nell’immaginario collettivo attraverso i noti prodotti di consumo, pubblicità e colori accesi con Viva il Consumo del 1964, una sintesi dove sono messi in contrasto immagini giocose e fanciullesche ad altre più crude e aggressive, il tutto per mettere in evidenza il caos visivo e concettuale dei tempi. Per finire ci si sposta nel sud, a Palermo, per la precisione, realtà che dimostra di essere complessa, ma culturalmente attiva. Figura centrale è l’artista Antonio Titone, musicologo e organizzatore di eventi, interpretazione originale dell’arte pop. La mostra si conclude con l’opera di Andy Warhol che con gli accesi colori delle mucche e fiori segna già una svolta verso i diversi contenuti degli anni Settanta.