PISTOIA. Parrebbe un’offesa se scrivessimo che Giorgio Tirabassi che abbiamo incontrato nel tardo pomeriggio a Pistoia, in via dell’Ospizio, davanti alla libreria Lo Spazio, atteso da colleghi (nostri), curiosi e appassionati a presenziare la V edizione di Presente Italiano, è lo stesso che abbiamo applaudito a teatro, trascorso in ciabatte sul divano della sala le serate in televisione e con il quale, da quarant’anni a questa parte, dividiamo e condividiamo sorrisi al cinema. Lo scriviamo perché siamo convinti che lui non si sognerebbe mai di fraintendere e non traviserebbe il nostro complimento con l’accusa infondata di possedere un debole pallone prossemico. Alla naturale tragicomicità del suo viso, keatoniano seppur provvisto di pizzo, educato all’umorismo inglese da Gigi Proietti e fortificato a trecentosessanta gradi da Dino Risi, Ettore Scola, Sergio Citti, Claudio Caligari, Carlo Mazzacurati, Francesca Archibugi, Ascanio Celestini e altri autori di prestigio, rispondono perfettamente i ruoli e i personaggi che gli sono stati affidati nel tempo, fino alla sua ultima scommessa, la regia, proposta con coscienza e dignità, ma senza fare proclami e soprattutto senza voler accontentare nessuno di quelli che vorrebbero intiepidire l’arte.

Ci riferiamo a Il grande salto - la storia di due coatti che sognano il colpo che gli cambi la vita -, il suo debutto alla macchina da presa, con Ricky Memphis e Roberta Mattei (della quale vantiamo orgogliosamente una fraterna amicizia), uno dei sei films in concorso che contenderà a Il primo re, Selfie, Ovunque proteggimi, Menocchio e Ricordi? la palma come miglior pellicola italiana (anche se pellicola, come ci ha insegnato Marcello Bugiani, non si dice più) prodotto in questo 2019, premio che sarà attribuito da una giuria popolare composta da quindici membri scelti, in tempi non sospetti in una delle stanze della Biblioteca San Giorgio, con la formula televisiva della ruota della fortuna. Ci siamo accontentati delle risposte date da Giorgio Tirabassi alle domande postegli da altri per fortificare l’idea che abbiamo sempre avuto di lui; un professionista serio, un caro ragazzo, una persona perbene, che con molta probabilità non sarà poi celebrato come una stella del cinema, ma al quale nessuno potrà mai rinfacciare di essersi venduto per qualche denaro in più. Ha sempre cercato, riuscendoci, di non rinnegare la propria vis comica e attoriale e i suoi credo, gestendo con dignità una bella carriera, che lo ha indissolubilmente piazzato tra quelli di cui ci si può fidare. Mettersi dietro la macchina da presa è stato un passaggio naturale – ha risposto Tirabassi -; del resto lo avevo già fatto con i corti tanto tempo fa. Sono figlio di una scuola dove la telecamera altro non deve fare che impreziosire le qualità recitative dell’attore e questo ho fatto con il mio primo film. Ricky è un amico di vecchia data, con il quale ho spartito una miriade di esperienze: in questa circostanza spesso ci siamo interfacciati, confondendo sovente i ruoli. Le esigenze temporali dei vari tg locali delle emittenti private televisive impongono di tornare il prima possibile in redazione e montare il servizio. Qualcuno, prima che la serata abbia inizio, gli chiede cosa ne pensi di un cinema sempre meno di sala e sempre più sui telefoni cellulari. Non è cambiato il cinema, sono cambiati gli spettatori e scandalizzarsi sarebbe un controsenso. Anch’io, spesso, guardo netflix, ma quando ho voglia di film davvero, vado al cinema: è un luogo sacro e così rimarrà per lungo tempo. Siamo d’accordo e ce lo auguriamo. Anche noi.

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