PRATO. Tre mondi diversi, lontani, nel tempo, nello spazio e nelle culture, ma tutti e tre ospitati, con cura, all’interno di una stessa struttura, il Museo d’Arte contemporanea Pecci, a Prato. Succederà per tutta l'estate e nonostante in molti, indistintamente, si scalpiti per il mare, l’aria, la libertà, indossate ancora quelle maledette/benedette mascherine e questo trino in uno, cercate di non perdervelo. Con onestà, la cosa che più ci attirava era proprio quella che, a conti fatti, è risultata meno importante. Ci riferiamo ai Nudi di Ren Hang, che seguendo una logica toponomastica della visita, è quella nella quale vi imbatterete per ultimo. Sì, perché salita la rampa di scale che vi conduce al primo piano, quello espositivo, sarà naturale svoltare a destra e iniziare questo triplice percorso partendo da The missing planet, una raccolta sovietica e post sovietica di cimeli, propaganda, installazioni, video installazioni, fotografie decadenti e rinascimentali, sogni sfumati, disillusi, ma anche nostalgici, della Russia leninista fino a Putin, passando per quella Rivoluzione implosa e teleguidata dall’Occidente statunitense che ha consentito a molti intellettuali inesplosi di poter raccontare al resto del mondo escluso dal patto di Varsavia quello che è successo al di là della coltre di silenzio e regime.
Prima di circumnavigare il piano superiore e tornare al punto di partenza che vi conduce alle foto e alle poesie di Ren Hang, date uno sguardo alla vostra sinistra, perché il padiglione del Pecci offre anche le foto/didattiche di Mohamed Keita, 26enne della Costa d’Avorio, uno dei tanti arrivati in Italia come rifugiato politico e che ha deciso, attraverso la coincidenza della fotografia, di dare un senso al proprio esilio e soprattutto uno ai suoi giovanissimi connazionali rimasti sulla loro terra natale, usando l’arte visiva fotografica come ricerca urbana e principalmente come escamotage di trasformazione sociale. Con la sua Kene (spazio), un viaggio che riporta il giovanissimo ivoriano a Bamako, in Mali, Mohamed Keita crea un vero e proprio punto di incontro con i giovani della zona affinché la fotografia possa poter rappresentare un punto qualsiasi di partenza dal quale riuscire a darsi una connotazione primaria culturale e un accrescimento che possa in qualche modo dare la possibilità a chiunque di affrancarsi da quel mondo sotto l’equatore. La visita si conclude con la più recente attrattiva del Pecci: la mostra fotografica (impreziosita da qualche perla poetica aforistica) dell’artista cinese Ren Hang, morto suicida qualche anno fa a Berlino. Il maledettismo che si è portato dietro gli ha consentito, forse, di farsi improvvidamente proclamare un intellettuale e contemporaneamente di non riuscire a reggere l’urto di questo incauto incoronamento cosmico. Se la sua Cina non l’avesse puntualmente osteggiato, censurato, perseguitato, recluso, molto probabilmente i suoi Nudi avrebbero raccolto meno stupore e indignazione in patria e sarebbero stati catapultati altrove con molta meno enfasi.