PRATO. Ha iniziato omaggiando Frank Zappa, musicista senza tempo, regole, schemi; ha chiuso il suo concerto suonando, in versione grunge, La strada, quel motivo, inconfondibile, scritto da Nino Rota e che è stato la colonna sonora di uno dei tanti, tutti, capolavori di Federico Fellini. Pensate: l’esibizione del 69enne newyorkese (di Syracuse) Gary Lucas, unica data nazionale di questo tour che vedrà la chitarra prediletta di Jeff Buckley girovagare, dopo averlo fatto per una vita intera, l’Europa e il Mondo, motivo per il quale ieri sera, 30 ottobre, siamo andati al Beste di Prato, a conti fatti è stata la cosa meno (s)concertante dell’evento. Sì, perché lo straordinario è l’idea, geniale, che a Prato, il Comune omonimo, il Museo del Tessuto, la Fondazione CDSE, sotto la direzione artistica della Fonderia Cultart, si sono messi in testa e hanno realizzato: TIPO (Turismo industriale Prato), che è la cartina di tornasole che unisce e coniuga visite guidate in edifici di archeologia industriale della città con un calendario, a cadenza mensile, che si concluderà il 26 e il 27 marzo del prossimo anno, di laboratori creativi riservati a quelli (i grandi) che capiscono e vogliono capire di più e quelli (i bambini) che si vogliono solo divertire.
Prima del concerto, un viaggio nel tempo del protagonista, supportato, alla voce, nelle tre occasioni specifiche dedicate al suo mentore, Jeff Buckley, morto annegato nelle acque del Wolf River, un affluente del Mississipi, senza alcun effetto di sostanze deliranti, così come, bene o male, tutti invece avrebbero desiderato, ventiquattro anni fa, da Marco Capricci, una volta giunti a destinazione i circa cento spettatori, è iniziata la guida nella sartoria industriale del Beste, supportata da un breve excursus storico di una promotore dell’azienda e dall’entusiasmo di un giovanissimo dipendente, Andrea Morganti, ventisei anni, con un futuro straordinario negli occhi e una coscienza, già parecchio solidificata, nelle poche primavere vissute. Tra i racconti dei due Ciceroni, un video raccontato dalla voce di Valentina Banci, attrice profeta in patria, che descrive tutta la personalità, l’identità e l’orgoglio di essere pratesi. Nelle immagini, infatti, poco più di quattro minuti, si traccia la via e la vita industriale della città laniera, affidando la suggestione della fortuna della tessitura alla voce e ai suoni degli artisti, pratesi, che hanno saputo affermarsi. L’intelligenza dell’invettiva meriterebbe ben più alta attenzione, ma visto che dall’alta moda, come dalla bassa, del resto, ce ne siamo sempre tenuti alla larga, torniamo a parlare di Gary Lucas e delle sue chitarre, usate con febbrile psicosi, anche se, a detta un po’ di tutti, non solo dai grandi censori di riviste specializzate (Daniel Levitin), il vecchio Gary sia forse il miglior chitarrista elettrico vivente o (David Fricke) il chitarrista migliore e più originale in America. Non siamo d’accordo, nonostante l’uso della mano destra sulla sei corde sia oggettivamente notevole; forse non ci allineiamo a questi sperticati trionfalismi perché quella musica, la sua musica, non ha mai rapito le nostre passioni così come è successo e continua a succedere con chitarristi un po’ meno celebrati, ma, a nostro presuntuoso avviso, decisamente migliori. Non abbiamo alcuna intenzione di entrare in un vicolo di distinguo; non è questa la sede e soprattutto non ci interessa convincere nessuno. La cosa che ci preme, invece, e che merita attenzione, è l’iniziativa del comparto industriale pratese, che dopo le fortune spropositate degli anni ’50, ’60 e ’70 e l’inevitabile flessione, alcune volte rivelatasi letale, coincisa con la crisi cosmica di fine secolo, grazie alle idee e alle energie di una generazione innovativa per cause di forza maggiore sta, egregiamente, rialzando la testa, con prospettive che sembrano parecchio incoraggianti.